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Roma accoglie Ronald Spogli il nuovo ambasciatore Usa

Banchiere californiano, è di origini italiane. È stato compagno di studi di Bush e ha lavorato anche a Milano

Roma accoglie Ronald Spogli il nuovo ambasciatore Usa

Anna Astrella

da Roma

Villa Taverna accoglie oggi il nuovo «inquilino». È Ronald P. Spogli, ambasciatore statunitense a Roma, che riceve il testimone da Mel Sembler. Il cinquantasettenne industriale californiano arriva nella capitale con la famiglia (moglie e due figli) pronto per «ampliare e rafforzare» le relazioni con l’Italia, convinto - come ha dichiarato nella sua audizione al Senato americano - che «le innumerevoli iniziative che i due Paesi stanno realizzando insieme dimostrano come gli italiani e gli americani, quando lavorano fianco a fianco nel mondo, conseguono ottimi risultati».
Nel suo curriculum Spogli annovera una laurea in storia, a Stanford, e un master, con il presidente George W. Bush, alla Harvard Business School. Entrato nel mondo degli affari ha fondato una società di investimenti bancari (la Freeman Spogli & Co).
La scelta del Senato americano di puntare su Ronald Spogli potrebbe favorire la distensione definitiva dei rapporti tra Roma e Washington, che non sono stati sempre facili negli ultimi mesi. Il neoambasciatore, infatti, parla bene l’italiano, e anche alla commissione Esteri del Senato Usa non ha dimenticato di sottolineare le sue origini: «Nel 1912 - ha spiegato - mio nonno paterno venne dall’Italia in questo Paese, senza risorse e senza un mestiere. Per più di vent’anni ha lavorato come minatore in una miniera di carbone della Pennsylvania. Il fatto che soltanto due generazioni dopo l’arrivo di mio nonno io mi trovi nella condizione di chiedere la vostra conferma a questo prestigioso incarico è un chiaro riconoscimento non tanto alla mia persona, ma alla perdurante promessa americana». In più il banchiere californiano fin da giovane ha frequentato il Belpaese: «L’Italia - ha dichiarato Spogli al Senato - ha avuto una profonda influenza nella mia crescita personale, iniziata quasi quarant’anni fa quando, giovane ventenne, ho messo per la prima volta piede sul suolo italiano. Da allora ho vissuto in quel Paese per tre anni da studente, poi da ricercatore universitario e docente. In anni più recenti, come uomo d’affari, ho investito in società con interessi commerciali in Italia. Negli ultimi trentasette anni mi sono recato diverse volte in Italia; essendo un grande ammiratore della cultura italiana e un sostenitore appassionato dell’istruzione universitaria, sostengo presso la Stanford University, mia alma mater, una cattedra per lo studio della lingua e della cultura italiana, nonché un centro studi per stranieri presso la sede di Firenze».


L’uomo giusto, insomma, per ristabilire un clima di reciproca fiducia, dopo le incomprensioni per il rapimento da parte della Cia dell’imam Abu Omar, e per fugare definitivamente le ombre del caso Calipari.

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