LA ROMA DI ALEMANNO

Dalla legge di riforma del distretto federale per Roma allo smantellamento della teca dell’Ara Pacis, dalla semplificazione della holding capitolina alla chiusura del ciclo dei rifiuti, dal Prg al tavolo con i tassisti, fino alla festa del cinema «da abbinare ai David di Donatello». E pure la proposta di una commissione sul modello della «Attali» francese, per «ragionare sui progetti della Roma del futuro» con le «intelligenze della città». È il giorno dell’insediamento per il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che racconta le sue idee sulla capitale in sala della Protomoteca affollata da simpatizzanti, neoconsiglieri, giornalisti, curiosi. C’è Vincenzo Piso che non sta fermo un attimo, confermando col dinamismo le voci che lo vogliono prossimo assessore alla Mobilità. Ma sulla squadra Alemanno è granitico: «Ci stiamo lavorando, ma non fatemi domande, da me non avrete un nome», spiega. Niente nomi anche riguardo alla riorganizzazione delle ex municipalizzate. Ma una cosa Alemanno, che spiega di aver già liquidato 31 dirigenti «esterni», la mette in chiaro subito: «Tutti coloro che hanno una nomina derivante dal sindaco o dal consiglio comunale precedente dovrebbero, per correttezza istituzionale, presentare le loro dimissioni». I Cda delle spa capitoline sono avvisati. Anche se, aggiunge Alemanno, «non vogliamo azzerare tutto: nella linea della nuova fase politica vedremo quali competenze attribuire al complesso dell’apparato holding di Roma, che comunque sarà semplificato con scelte meritocratiche e non di parte». Anche sul Prg, «non da cancellare ma neanche fisso e immutabile», il neosindaco annuncia la costituzione di due tavoli, uno con i costruttori e uno con gli inquilini.
Ma il punto del discorso di Alemanno sul quale, c’è da scommetterlo, non mancheranno le polemiche, è la discussa «teca» dell’Ara Pacis, opera dell’architetto Richard Meier, voluta da Rutelli e inagurata da Veltroni, da sempre al centro delle contestazioni dell’allora opposizione. «La teca è un intervento da rimuovere», ha tagliato corto il sindaco di Roma, precisando che «ovviamente non si tratta di una priorità», ma allargando il campo dei possibili «dietro-front» anche ad altri «interventi invasivi nel centro storico».
Alemanno, che ha intercettato anche i voti di protesta della sinistra, vuole ribadire con i fatti il suo ruolo di «sindaco di tutti». E così, oltre alla già citata Attali all’amatriciana, ecco gli auspici di una collaborazione istituzionale con la Provincia di Zingaretti e con la Regione di Marrazzo. Con entrambe il primo cittadino intende lavorare per far sì che «la legge di riforma che istituisce il distretto Roma capitale venga approvata e sia messa nell’iter parlamentare». Con Marrazzo, poi, sul tavolo c’è pure la delicata questione dei rifiuti: già in agenda un incontro tra i due la prossima settimana.

Infine, la questione-bilancio: la mancata firma di Padoa Schioppa su alcuni provvedimenti ha lasciato le casse del Campidoglio con un disavanzo di un paio di miliardi di euro. Il neosindaco snocciola la soluzione con una battuta: «Rivolgerò la mia auto verso via XX Settembre per effettuare uno dei miei mitici incontri con il ministro dell’Economia Tremonti».

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