Milano - L’Aquila e il Dragone si fronteggiano, si guardano ma non si vedono. Simboleggiano due imperi di pari dimensioni, qualcosa come quattro milioni di chilometri quadrati di territorio, e pari popolazione, circa 60 milioni di abitanti. Le burocrazie sono simili, la macchina militare schierata a difendere e a offendere è imponente e incute soggezione. Stanno altresì a indicare il centro del mondo, di tutto il mondo, l’Orbis terrarum del linguaggio del primo, il Tianxie, ovvero ciò che sta sotto il cielo, in quello del secondo. Dal II secolo A.C. al IV secolo D.C. hanno dominato e si sono divisi gli emisferi, ma per incontrarsi avrebbero dovuto attraversare via terra settemila chilometri di steppe e di montagne e via mare qualcosa come 15mila miglia...
Ecco perché, pur sapendo l’uno dell’esistenza dell’altro, mai si andò al di là di una conoscenza mercantile: seta, giada e oggetti in ferro da Oriente, biancheria, vetro, gesso da Occidente. Al resto ci pensarono, per quel che concerne quest’ultimo poeti come Orazio, che favoleggierà del popolo dei Seres, “gli uomini della seta“ che vivevano sino a 200 anni, storici e naturalisti come Plinio, che li descriverà “rutulis comis, coerulis oculis“, con gli occhi azzurri e i capelli rossicci, sempre occupati a raschiare la seta dagli alberi...
La mostra I due Imperi racconta questo incontro mai avvenuto e questo confronto così singolare. Organizzata da Palazzo Reale di Milano e da MondoMostre, realizzata con il contributo di Credit Suisse (Palazzo Reale, dal 16 aprile al 5 settembre, catalogo Motta ed. a cura di Stefano De Caro e Maurizio Scarpari) ricostruisce le tappe e i momenti salienti del sorgere e dello sviluppo di queste due realtà statuali e ne mette in luce aspetti della vita quotidiana, della società e della religione, dell’arte e della tecnica. Giganteschi guerrieri di terracotta e statuette di ceramica che raccontano i costumi, la moda, le arti cavalleresche e militari della cultura cinese, affiancano maestosi gruppi statuari, affreschi, mosaici, utensili in argento, altari funebri appartenenti alla tradizione artistica dell’impero romano. Il colpo d’occhio è straordinario e coinvolgente e permette di capire affinità e differenze, somiglianze e alterità. Fra i pezzi cinesi più importanti, oltre i già citati Guerrieri di Xian, una Veste funeraria in giada e oro della Dinastia Han Orientale, il Drappo funerario di inchiostro e pigmenti di seta della Dinastia Han Occidentale, il Tianlu, l’animale fantastico di pietra, sempre della Dinastia Han Orientale, l’Acquamanile yi in legno laccato della dinastia Quin.
Fra quelli romani, la Statua loricata di principe giulio-claudio in marmo bianco del primo secolo D.C., il contemporaneo affresco Alcesti e Admeto, la statua di Adone in marmo di Carrara del II secolo D.C., quella sempre in marmo di Afrodite Sinuessa del I secolo A.C.. Ma tutta l’esposizione è una festa degli occhi e una continua scoperta per il visitatore. Senza essersi mai incontrati né scontrati, i due imperi ebbero tendenze convergenti. Passarono, per esempio, dalle città-Stato a sistemi politici territoriali, dalla leva di massa a eserciti professionali, crearono una burocrazia, centralizzarono il controllo governativo, batterono moneta, edificarono intorno a progetti di architettura monumentale una unificazione ideologica. Ciò che li differenziò fu lo sfondo repubblicano di quello romano, l ’inesistenza nell’impero Han di un equivalente del diritto civile, l’assenza a Roma di una stabilità dinastica simile a quella cinese e di una filosofia confuciana legalista su cui fondare l’autorità e la legittimità dello Stato.
"Questa mostra non offre un confronto tra due imperi, ma uno solo, quello della cultura, che trascende i confini politici e militari.
Porre in dialogo due culture che incarnano e simboleggiano Oriente e Occidente significa aprirsi alla storia dei popoli per scoprire che le tangenze fra civilità apperentemente distanti non sono poche", ha detto l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory presentando la mostra insieme a Gu Yucai, rappresentante della Sach, l’Agenzia del Ministero della Cultura della Repubblica Popolare Cinese responsabile della gestione dei musei e a Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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