da Roma
È impegnato a diradare sospetti e indiscrezioni sulla sua presunta guerra con Romano Prodi e ad allontanare da sé lo spettro della congiura. Ma, tra una rassicurazione e una carezza verbale al presidente del Consiglio, il suo lavoro di semina politica continua. E passa anche da Telese, con una visita alla festa dellUdeur fissata il giorno dopo la sortita di Silvio Berlusconi. Una chiacchierata «open air» in compagnia di Clemente Mastella che serve, forse, anche a scacciare via qualche dispiacere e qualche amarezza che arriva dalla Capitale, visto che come rivela lazzurro Francesco Giro «molti dirigenti dei Ds di Roma delle più importanti sezioni del centro storico, da Trastevere a quella storica di via dei Giubbonari, a Testaccio e a Mazzini» non voteranno per lui nella corsa alla segreteria del Partito Democratico bensì Enrico Letta. Lo schiaffo ha del clamoroso, visto che arriva da esponenti dello stesso partito del «candidato» e proprio dal cuore di Roma. Un «tradimento» che secondo il deputato di Forza Italia e coordinatore regionale del Lazio «dimostra che Veltroni qui a Roma non ha più il consenso di una volta anche per la sua crescente indifferenza alle sorti della Capitale che soprattutto nel centro storico sta vivendo un degrado di violenza, sporcizia, droga e abusivismo. Il modello Roma è morto e Veltroni, dai suoi stessi dirigenti, viene considerato vecchio e non innovativo. Questa è la prova che non esiste il modello Roma da esportare a livello nazionale». La sconfessione dei dirigenti capitolini, peraltro, non resta neppure confinata nel campo delle indiscrezioni ma viene messa nero su bianco dagli stessi protagonisti. «Perché il 14 ottobre cominci davvero una storia nuova non possiamo affrontare questo passaggio con i metodi e le liturgie del passato. Soprattutto, non possiamo pensare al Partito Democratico come a un contenitore in cui convivano semplicemente i Ds e la Margherita: sarebbe la negazione della sfida che abbiamo lanciato» scrivono gli iscritti diessini, primo firmatario Fabio Nicolucci, segretario della Sezione storica del Centro Storico dei Ds di Roma. Una scelta che scaturisce anche dal fatto che «nella proposta di Letta si uniscono: competenza (ha dato prova di solidità, preparazione ed equilibrio); innovazione (è uno degli esponenti che con maggiore continuità e coerenza si è misurato con il tema del cambiamento della società italiana) e rinnovamento (ha quarantanni. La sua candidatura mette in campo energie nuove).
Quando la defezione di una parte delle sue truppe viene ufficializzata, Veltroni si trova altrove, in quel di Telese. E qui detta un auspicio proprio sulla partecipazione popolare alle primarie. «Speriamo che qualche centinaio di migliaia di persone vada a votare». Stima prudente quella sulla partecipazione al voto del 14 di ottobre, visto che alle primarie per il candidato premier venne sbandierato un dato di 4 milioni di votanti e diversi esponenti del nuovo partito hanno sempre parlato di almeno un milione di persone per le consultazioni per la leadership.
Per il resto, il sindaco di Roma torna a dispensare rassicurazioni e a sottolineare di non avere alcuna intenzione di sostituire Prodi a Palazzo Chigi. «Un anno fa gli elettori hanno scelto un governo, una maggioranza e un premier e solo gli elettori potranno scegliere unaltra maggioranza e un altro premier. Il sostegno a questo governo è un atto dovuto». Di certo, aggiunge Veltroni, serve «un sistema politico che non sia fatto di aggregazioni contro ma di coalizioni coese «senza mettere insieme alleanze che vanno dal mio amico Casini a chi parla di doppiette».
Il dirigente diessino, dal palco di Telese, ha il tempo di lanciare un affondo contro il nascente Partito delle Libertà «che dovrebbe nascere dal notaio e attraverso una rete televisiva, mentre il Pd nascerà con centinaia di migliaia di persone che decidono». E di auspicare «una convergenza» con il mondo cattolico sul piano dei valori. Arriva anche una rassicurazione per Clemente Mastella, sulla possibilità, a suo dire ampia, di approvare la bozza Chiti, strumento necessario a evitare il tanto temuto referendum.
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