Saremo moderni? Sergio Romano pone questo interrogativo nel titolo dun suo libro che in Italia viene pubblicato da Longanesi, e che contemporaneamente vede la luce in Francia. Così comè concepito il saggio, che raccoglie note settimanali dellautore durante il 2006, ha per primi destinatari proprio i lettori francesi. «Non ho abbellito il ritratto dellItalia - scrive Romano nella postfazione - perché sarebbe stato inutile e controproducente. Ho semplicemente cercato di rendere lItalia più comprensibile raccontando gli avvenimenti di un anno cruciale nel momento stesso in cui essi si verificavano. Commenti ragionati e legati alla cronaca.
Saremo moderni? Non mi pare che alla fine delle fini Sergio Romano, osservatore senza indulgenze e senza illusioni, offra una risposta certa. Ma proprio in una delle ultime pagine sottolinea la distanza che separa il Paese reale dal Paese ufficiale. Annota infatti malinconicamente, occupandosi della criticatissima «finanziaria»: «Il governo non ha capito levoluzione del Paese, ha scritto una legge ritagliata sulla situazione del 2003 invece che su quella del 2006 e ha colpito la parte del Paese che vedeva finalmente a portata di mano i frutti del lavoro silenzioso dei mesi precedenti. Romano Prodi e il suo ministro dellEconomia, Tommaso Padoa-Schioppa, potrebbero essersi sbagliati danno».
Sono tanti i temi che Romano affronta o sfiora nella sua carrellata. Ho citato un giudizio negativo, e non è lunico, sul governo Prodi. Potrei citarne altri molto severi nei confronti di Silvio Berlusconi. Ciò che soprattutto risulta evidente quando si ripercorrano gli avvenimenti italiani è la loro ripetitività. Cè sempre uno ieri quasi uguale alloggi. Francesco Caruso ha di recente fatto parlare di sé per essere intervenuto nelle polemiche provocate dalluccisione del poliziotto Filippo Raciti a Catania. Lha fatto, il Caruso, con la consueta sicumera, ribadendo la sua ostilità alle forze dellordine.
Sergio Romano non usa mezzi termini nel definire la strategia carusiana: «La sua specialità consiste in quello che la stampa chiama esproprio proletario: si presenta in un grande magazzino accompagnato da un certo numero di facinorosi e chiede di negoziare contratti speciali per la vendita di certi prodotti. Il direttore del supermercato, calcolando i guasti che ledificio potrebbe subire se il commando di Francesco Caruso passasse allazione, in genere preferisce cedere. In fondo questa formula non è che la versione progressista della pratica della protezione ampiamente usata dalla mafia». Senonché il Caruso - i francesi lapprenderanno con qualche stupore - è stato candidato alla Camera da Fausto Bertinotti, e alla Camera è regolarmente approdato: come era inevitabile in un sistema che delega alla collocazione in lista - ossia alle segreterie di partito - la sorte degli aspiranti parlamentari. Osserva Romano che è un dilemma angoscioso, questo degli estremisti, per lUlivo. Aggiunge per equilibrare le colpe che anche Berlusconi sera alleato, per far numero, con Pino Rauti (rilevo soltanto che il peso di Rauti è infinitesimo rispetto al peso di Rifondazione comunista).
Sempre a proposito dattualità. «Se il calcio è una droga nazionale, la soppressione inattesa della dose domenicale può presentare seri pericoli per lordine pubblico del Paese. Nel momento dellagonia di Giovanni Paolo II il ministro dellInterno era preoccupato.
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