RomaTra votare contro la sfiducia e diventare proprio amici ce ne corre, e il colpo docchio sullaula di Montecitorio lo dimostra: nessun ministro (tranne allultimo Umberto Bossi, che forse non se ne accorge, o forse gli è davvero molto grato per la questione quote latte) occupa la sedia vicino a Saverio Romano, sui banchi del governo.
Il ministro dellAgricoltura sa però che in politica contano più i numeri dei sentimenti, e incassa soddisfatto un no praticamente scontato alla mozione di sfiducia presentata dal Pd nei suoi confronti: 315 voti contrari e 294 favorevoli, score ormai consolidato nelle numerose fiduce degli ultimi mesi. Allopposizione son venuti a mancare a sorpresa i sei voti dei deputati radicali, che hanno preso la parola uno dopo laltro in aula per annunciare la propria astensione e chiedere a gran voce la riforma della giustizia e unamnistia che renda meno infernali le carceri italiane. Mandando su tutte le furie il Pd, che non si aspettava la defezione e che ora minaccia rappresaglie contro i pannelliani, addirittura fino allespulsione: «È stato un comportamento incomprensibile e intollerabile», tuona Dario Franceschini. I voti radicali, comunque, non sarebbero stati determinanti.
Non che fosse proprio tranquillissimo, Romano, al di là dellostentata sicurezza nelle pubbliche dichiarazioni: martedì notte, raccontavano i deputati di centrodestra, ancora telefonava ansiosamente per sapere se i conti tornassero davvero, e se tutti sarebbero stati presenti. Per non saper né leggere né scrivere, se lè votata pure lui, la non-sfiducia: «Non vedo perché non dovrei». Poco prima, in aula, aveva argomentato la propria innocenza («Da sette generazioni la mia famiglia è incensurata, verticalmente e orizzontalmente», qualsiasi cosa ciò voglia dire).
A sostenerlo arriva persino Giulio Tremonti, che sul suo ex collaboratore Milanese aveva marcato visita. I due si stringono platealmente la mano in Transatlantico: nessun rancore. I leghisti pagano il fio del loro voto pro-Romano: urla e sberleffi delle opposizioni ogni volta che uno di loro passa sotto la presidenza a votare no; cartellonata in pieno emiciclo dellItalia dei valori e di Fli contro il Carroccio: «Alla faccia della Lega-lità», «Lega poltrona» e simili slogan irridenti. Con contorno di grida, insulti e onorevoli bossiani e finiani separati fisicamente dai commessi prima che arrivassero alle vie di fatto. «Cè unatmosfera eccessiva, stendiamo un velo pietoso», sospira Pierferdinando Casini.
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