Cultura e Spettacoli

Il romanzo che non piacerà ai piacioni

Al centro della trama il tema del veto cattolico sull’uso dei contraccettivi nella lotta all’Aids

Dopo anni passati a fare il navigatore solitario Lorenzo Telmari ha tirato i remi in barca, ha detto di no a chi gli proponeva di dedicarsi a un lavoro normale e si è trasferito sulle colline umbre, imbiancate nella notte da una colossale nevicata. Lì attende alla redazione di un volume sulla capacità di sopravvivenza dei naufraghi. Di tornare a Roma farebbe dunque volentieri a meno, ma la notizia che gli giunge sul cellulare non consente dinieghi: è morto il padre, medico famoso e stimato professore universitario.
Raggiunto con qualche difficoltà un vecchio pick up e fattolo partire, il protagonista dell'ultimo romanzo di De Carlo (Il mare della verità, Bompiani, 332 pagg., 16 euro) non ha che da scendere dall'Appennino e tuffarsi nella capitale. La quale, primo segnale di una impermeabilità romana alla realtà, giace in una bolla tiepida, indifferente alle bufere che imperversano altrove. Il lettore non si aspetti uno choc di fronte al cadavere del genitore, del tipo di quello narrato da Berto nel Male oscuro: il vecchio Telmari aveva con i figli un rapporto a dir poco labile. «Aveva sempre avuto un bacino di interlocutori giovani molto più gratificanti di noi due figli: con molta più disposizione ad ammirarlo, molte meno richieste affettive. È probabile che non tollerasse l'idea che potessimo darlo per scontato in quanto nostro padre, e questo produceva in lui un leggero disinteresse nei nostri confronti».
Semmai le sorprese vengono dal fratello Fabio, membro di un partito di sinistra moderata, il Mirto democratico, di cui con folgorante carriera è diventato uno dei massimi esponenti. Fabio ha tre cellulari, una bella moglie che ha lavorato nella televisione chiamata Nicoletta, innumerevoli amanti e soprattutto una perfetta faccia di bronzo che gli permette di respingere al mittente le accuse più ovvie che si sarebbe tentati di muovergli. Per esempio di essere un arrivista del tutto indifferente al bene pubblico. Un motivo in più per tornare in Umbria e restarci. Non fosse che nei giorni del lutto una serie di eventi convince Lorenzo che il padre fosse in possesso di un documento che scotta: una delle tre copie del memoriale di Ndjonge, un cardinale africano morto di Aids.

Con pudibonda litote, De Carlo ci informa che il prelato non aveva subito delle trasfusioni. Nello scritto si denuncia apertamente la politica demografica vaticana e si stigmatizza la cecità delle sue gerarchie. Una buona ragione perché gli sgherri del Papa non vadano tanto per il sottile: prima nella casa del padre entrano degli sconosciuti; poi l'appartamento di Nadine, assistente ed ex amante del professore deceduto, è messa a soqquadro; e poco dopo salta in aria anche la sede di Stopwatch, un'associazione di ecologisti che sapevano del memoriale del cardinale e che stavano tentando in ogni modo di recuperarne una copia. Dell'associazione fa parte anche la danese Mette, che con la sua spaurita dolcezza tingerà le pagine del romanzo di rosa.
Costruito attorno ad una struttura semplice (la ricerca dell'oggetto smarrito) e ad un tema «forte» (il veto cattolico sull'impiego dei contraccettivi e le sue conseguenze sulla diffusione dell'Aids nei paesi del terzo mondo) Il mare della verità è un romanzo elementare, con pagine nonostante tutto efficaci ed altre che sembrano uscite da un kit per scrittori, con gli ingranaggi a vista, molta colla, innumerevoli stereotipi e nessuna volontà di nascondere il mestiere sotto la patina della qualità. E taciamo di quanto improbabile ci sembri la filantropia di De Carlo.
È riuscita la pagina in cui a Nicoletta, invitata in un salotto televisivo, si mostrano alcune sue vecchie fotografie: in moto con il fidanzato, sul balcone di casa assieme al figlio appena nato, con il marito onorevole e così via. Foto cui reagisce con sorpresa e un’espressione divertita e imbarazzata, del tipo «ma come avete fatto ad averle?». Inutile dire che era stata lei stessa a sceglierle con cura e a passarle alla conduttrice. Quanto alle meno riuscite, basta rivolgersi alle scene di sesso: «La nostra era l'essenziale, vibrante gioia di un maschio e una femmina della stessa specie stretti uno addosso all’altra in un angolo riparato della terra, con intorno il buio denso della notte estesa fino ai confini percepibili dell'universo».

Pagina di fronte alla quale nemmeno la più ingenua delle educande, ci auguriamo, mancherebbe di sorridere.

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