Paolo Marchi
Probabilmente noi italiani, in questo momento, non siamo i più indicati per affermare che il Brasile è fortunato. Certo però che è stata una pacchia affrontare in un match decisivo, avanti-o-a-casa, un avversario che alza la sua linea difensiva fino alla lunetta di centrocampo e con una terna arbitrale dalla vista a intermittenza, aquile che distinguono il millimetro quando si tratta di giudicare i ghanesi, talpe che non vedono il metro quando la decisione va presa a livello di brasiliani. E così il Brasile prosegue sicuro la marcia di avvicinamento alla finale del 9 luglio a Berlino.
Quattro partite e altrettante vittorie, dieci gol fatti e uno solo subito, a qualificazione certa, un 1-0 assolutamente provvisorio per il Giappone, poi trafitto quattro volte. E poi il record di Ronaldo, quindici reti nella fase finale dei mondiali, primato di ogni epoca frantumato così come i verde-oro hanno superato le duecento realizzazioni (la 199ª per Ronaldo, la 200ª Adriano e la 201ª Zé Roberto), tutto questo è in positivo la selezione di Parreira. Ma se non ci si deve limitare a battere la grancassa e a suonare le trombe, alcuni problemi ci sono, solo che gli avversari sembrano ipnotizzati dal fascino che emanano le stelle e alla fine non riescono a metterli a nudo per girarli a loro favore.
Adriano, ad esempio, non gira. È triste e vuole fare tutto da solo, cosa vietata in un gioco di squadra come il calcio (Maradona leccezione). Ha sì segnato il raddoppio al 46 pt ma partendo in fuorigioco su un contropiede iniziato da Lucio e proseguito da Kakà, con appoggio in area di Cafu. Non solo linterista era in chiara posizione irregolare, solo a volere tenere gli occhi bene aperti (del resto come Zé Roberto al 40 st su apertura di Ricardinho appena entrato), ma nemmeno coordinato nei movimenti tanto che il pallone gli sbatterà contro linterno della coscia sinistra, carambolando senza una precisa volontà in rete. Lo stesso «imperatore» era stato ammonito al 13 per essersi tuffato in area fino a essere sostituito con Juninho allo scoccare lora di gioco. Lento e macchinoso così come Ronaldinho, laltro in difficoltà, si è spremuto per tutti i 90 minuti alla ricerca del primo gol in Germania. Non lha trovato un po perché parte da lontano, un po per legoismo dei compagni come Cafu che al 44 st preferirà calciare su Kingston piuttosto che appoggiare al divino del Barcellona la più agevole delle palle. Giustamente, Ronaldinho lo manderà a quel paese, e più volte, nello scorcio conclusivo. È la conferma che se aggredito e bloccato nelle fonti di gioco, il Brasile sarebbe vulnerabile anche per il nervosismo interno, solo che il Ghana non lo ha fatto.
Gli africani calceranno quasi sempre con mira pessima e il loro ct, Ratomir Dujkovic, si farà pure espellere a fine primo tempo per avere detto allarbitro cosa pensava di lui («Lei dovrebbe indossare la maglia gialla, quella del Brasile»), ma prima di questo lui aveva fallito approccio psicologico (ha preteso di giocare alla pari) e disposizione tattica perché se disponi la difesa a metà campo, poi i tuoi devono muoversi con sincronismi perfetti e rapidissimi. Altrimenti tutto diventa unautostrada brasiliana verso i quarti, sabato a Francoforte.
Stringi stringi, una sola rete limpida, quella di Ronaldo al 5, tenuto in gioco da Pantsil sul lancio di Kakà. Splendida la metamorfosi dellex interista (ex per quanto ancora?), arrivato in Germania sbeffeggiato come una palla di lardo, ma via via sempre più sicuro di sé, ispirato e scattante. Lo aiutano difensori maggiordomi, nessun dubbio, però adesso sempre più asciutto e poi è felice. Sprizza gioia.
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