Di Massimo D'Alema, uomo del quale non si afferra mai del tutto quello che dice, e quando lo afferri è anche peggio, non abbiamo mai capito un paio di cose. Se il comunismo ha iniziato a fargli schifo quando è diventato ricco, o già prima; e se è tanto contento del fatto che la Cina dominerà il mondo perché così si dimostra che avevano ragione i comunisti, oppure c'è anche qualche altro motivo.
Insomma, è proprio per interpretarlo meglio che leggiamo ogni nuova intervista di D'Alema. Come quella, bellissima, che ha rilasciato ieri ad Aldo Cazzullo sul Corriere della sera. E lì, a parte la promozione di Elly Schlein (un conto è difendere la sinistra, un altro è difenderne i fallimenti), ci siamo trovati d'accordo con lui su molte cose. Anche quando, a un certo punto, ha ricordato un aneddoto rivelatore. Protagonista lui e Giancarlo Pajetta, il «ragazzo rosso» che era già iscritto al PCI nel 1925, a 16 anni. E insomma, «Una volta ricorda D'Alema - feci un bellissimo comizio con Pajetta, che alla fine mi disse: Tu sei bravissimo a farli, ma non devi mai lasciarti convincere dai tuoi comizi. Quelli sono fatti per convincere gli altri». Una frase che è l'autobiografia stessa dei comunisti. E di D'Alema. Gente che non crede mai a quello che dice.
Però, insomma, a noi il personaggio fa simpatia.
Spiace solo che D'Alema, uno che ha lottato contro la superbia tutta la vita, perdendo ogni singola battaglia, alla fine dica, commiserandosi, che tutti i suoi collaboratori lo hanno tradito e che i dalemiani non esistono. Non ti sminuire, Massimo. Sei molto peggio di quello che pensi.