Rooney, debiti di gioco per colpa della nazionale

I compagni Owen e Ferdinand l’hanno introdotto alle scommesse. Mourinho: «Cifre alte, ma i calciatori possono permettersele»

Lorenzo Amuso

da Londra

Corse di cavalli, di cani, partite di calcio delle serie minori, tutto pur di piazzare una puntata, l'ennesima. Settimana dopo settimana, accumulando debiti fuori controllo. In Gran Bretagna la febbre del gioco non risparmia nessuno, un'abitudine che per molti è il supplemento d'emozione del fine settimana, per altri un pericoloso vizio. Tra quest'ultimi Wayne Rooney, stella dell'Inghilterra, capace in meno di un anno di bruciare circa 700mila sterline, oltre un milione di euro. Una cifra enorme anche per il giovane multimilionario centravanti del Manchester United, i cui legali ora sono impegnati a trovare una problematica via d'uscita. La storia del calcio inglese è costellata di giocatori che si sono rovinati con le scommesse, dilapidando patrimoni da favola. Qualche anno fa Peter Shilton, portiere dell'Inghilterra fino ai mondiali '90, era arrivato ad un passo dalla bancarotta per colpa delle sue assidue visite nelle ricevitorie. In tempi più recenti Michael Owen è stato costretto a confessare - incalzato dal solito scoop di un tabloid - perdite per svariate migliaia di sterline. Mentre risale a poche settimane fa la discutibile impresa dei giocatori del Chelsea, che in un solo pomeriggio hanno perso 700mila euro al Cheltenham Festival, un prestigioso concorso ippico. Puntate pesanti, fino a 150.000 euro a corsa.
Proprio come Rooney, che in un crescendo inarrestabile, è passato a scommettere svariate decine di migliaia di sterline sui più diversi eventi sportivi, nel vano tentativo di recuperare le crescenti perdite. Secondo il Sunday Mirror, Rooney è stato introdotto nel mondo delle scommesse da alcuni compagni di nazionale: lo stesso Owen, John Terry, Frank Lampard e Rio Ferdinand. Forte di un credito illimitato (lo stipendio di Rooney supera i 4 milioni di euro a stagione) il giovane Wayne ha giocato, e perso, per mesi, appoggiandosi a Stephen Smith, un private bookmaker che lavora per la Goldchip Limited. Ora, però, gli allibratori hanno sospeso il credito e chiedono il saldo dei debiti.
Una storiaccia a due mesi dall'inizio dei mondiali, che preoccupa non poco i vertici della Federcalcio inglese. Non tanto per gli inesistenti risvolti legali della storia (Rooney non ha mai puntato su partite del suo United), quanto per le ripercussioni negative sull'immagine della squadra, oltre che sull'armonia dello spogliatoio. Smith è socio in affari con Owen, ed è stato lo stesso centravanti del Newcastle a presentarlo a Rooney. Sven Goran Eriksson ha già fatto sapere che intende parlare con il calciatore per capire «come stanno veramente i fatti». L'interessato - da parte sua - preferisce parlare in campo. Come ieri, quando grazie alla sua 14ª rete stagionale ha trascinato i Red Devils alla vittoria (nona consecutiva) contro l'Arsenal. «Se sono preoccupato per le scommesse? - ha detto -. Guardate come ho giocato e rispondetevi da soli...». Inatteso, in sua difesa è accorso anche il tecnico del Chelsea, José Mourinho: «È chiaro che certe cifre fanno impressione, ma non bisogna scordare che tutto è relativo.

Per una persona comune si tratta di tantissimi soldi, ma un calciatore se lo può permettere. So che in Inghilterra scommettere è una tradizione, certo che io non butterei mai via tutti quei soldi che mi sono costati tanti sacrifici. In Portogallo le scommesse sono illegali e io vengo da quella cultura».

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