Politica

La Rosa perde i petali socialisti Pannella: Boselli leader assente

L’accusa del radicale: «Parlargli è impossibile. E ora non ho più il diritto di decidere le mie battaglie?»

Adalberto Signore

da Roma

«Ma che ca... vogliono?». Lo sfogo di Marco Pannella arriva poco prima di pranzo dai microfoni di Radio Radicale. Un’ora buona di colloquio con Paolo Martini, nella quale il vecchio leader tentenna tra l’auspicio che «la crisi di crescita» interna alla Rosa nel pugno si possa risolvere con «un grande dibattito politico e polemico» e la voglia di rispedire al mittente le accuse che gli sono piovute addosso nelle ultime 48 ore. Ci gira intorno per oltre venti minuti Pannella, poi spiega di condividere il «grido d’allarme» lanciato da Biagio De Giovanni su Notizie radicali, ammette che il momento di difficoltà «qualche dispiacere lo sta creando» e dà sfogo a tutte le sue perplessità. Così, a chi lo accusa di monopolizzare l’attenzione con le sue campagne («una volta il satyagraha per l’amnistia, un’altra volta la campagna per la vita di Saddam Hussein», puntava il dito Enrico Boselli) la replica è di quelle che non lasciano troppi margini: «Ma che ca... vogliono? Ora non ho nemmeno il diritto di non mangiare?». Pannella, insomma, le sue «battaglie civili» le rivendica tutte. E sotto il profilo del merito e sotto quello del metodo. A partire da quella per l’assegnazione dei seggi al Senato, «una lotta democratica». Anzi, aggiunge a mo’ di malcelata provocazione verso l’eccessiva freddezza mostrata dallo Sdi, «una lotta socialista...». E ancora: «Il problema è Pannella? Ma dove sono i segni che non siamo subalterni alla gestione oligarchica dell’Unione?». Con tanto di rimando alla «battaglia di Natale sull’amnistia». Perché, visto che Ds e Margherita erano contrari al punto da «votare in Aula un emendamento» della Cdl, «la Rosa nel pungno l’ha liquidata».
Tempi duri, dunque, tra Sdi e Radicali. Con la Rosa nel pugno che a neanche un anno dalla sua nascita deve già fare i conti con il confronto-scontro tra le sue due anime. Una querelle aperta ufficialmente dalle dimissioni di Roberto Villetti da capogruppo alla Camera, ma sottotraccia già da tempo. Colpa di Pannella, dice chiaro il leader dei socialisti Boselli. E del suo «iperattivismo», spiegava ieri in un corsivo Europa, quotidiano vicino alla Margherita. Con tanti corollari diversi, da quello di Villetti («il gruppo parlamentare non può dipendere dalle segreterie dei partiti») a quello del sottosegretario agli Esteri Ugo Intini («i radicali mal sopportano la nostra presenza sul territorio»). E Pannella ne ha per tutti. Perché - spiega rivolgendosi con «all’eroe del giorno» Villetti - «quando nasce un partito politico nuovo è la segreteria che decide». E ancora: «La nostra presenza sul territorio» sta nei «50 milioni di firme per i referendum che abbiamo raccolto» in questi anni, «nell’Associazione Luca Coscioni» e «in Nessuno tocchi Caino».
Ma è verso Boselli lo sfogo è più duro. «Se si esclude Ballarò in cui era ospite Emma Bonino - è la replica di Pannella all’accusa di monopolizzare l’attenzione - a rappresentare la Rosa nel pugno in tv ci è sempre andato lui. Noi quanto siamo stati visti? Zero. Ma lo abbiamo accettato e promosso». Con una digressione: «Non credo che la presenza di Boselli» abbia marcato «qualcosa che differenziasse la Rosa dal resto dell’Unione». E ancora: «Boselli regna attraverso l’assenza, perché la sua assenza è totale. A volte per decadi, Emma e io abbiamo cercato di parlargli... impossibile».
Sulle dimissioni di Villetti torna Sergio D’Elia, fautore dell’impasse sulle nomine che ha aperto il caso Rosa nel pugno. «Ho contribuito a bloccare le nomine nelle commissioni bicamerali - spiega - per sollevare una questione politica grande come una casa». Quella di «un soggetto politico - dice a proposito della Rnp - che non riesce a convocare la sua segreteria e che non fa passi in avanti verso la costituzione formale del nuovo partito. Che prima ne fissa tempi e tappe (tra cui una “Fiuggi 2”) e poi non opera di conseguenza».
Accuse e insinuazioni reciproche, dunque. Che già prima delle dimissioni di Villetti, seppure sullo sfondo, avevano iniziato a incrinare i rapporti tra radicali e socialisti. Che però, come in ogni matrimonio che si rispetti, prima di mettere sul tavolo l’eventuale divorzio, sembrano voler tentare un’ultima conciliazione. Così, a Boselli che chiede di «ridiscutere il progetto» fa eco l’appello di Pannella ad aprire «un grande dibattito». Se la strada sarà la «Fiuggi 2» che chiede Daniele Capezzone «si vedrà». Proprio ieri, infatti, dalle colonne del Riformista, il segretario dei Radicali ribadiva che «i riferimenti restano Blair, Zapatero e Fortuna».

Insomma, «restano socialisti».

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