Benny Casadei Lucchi
nostro inviato a Istanbul
Spenti i motori e spente le luci, assopite velleità rossovestite e speranze di rimonta, ieri sera nel paddock turco si sprecavano aggettivi roboanti per spiegare, interpretare, capire il disastro Ferrari. Eppure, è una frase secca e diretta del vincitore, di Kimi Raikkonen, una frase sussurrata andando via, quella che meglio rende lidea della Caporetto rossovestita. Quando gli riferiscono per lennesima volta dei molti complimenti spediti al suo indirizzo da uomini di vertice a Maranello, il finlandese ribatte candido: «Io da loro? Mi sembra che, al momento, abbiano qualche problema di troppo... Sarà meglio riparlarne quando avranno risolto i loro guai».
E di guai a Istanbul ne hanno avuti tanti. Troppi. Perché quando, pronti e via, i Raikkonen, i Fisichella, gli Alonso e i Montoya sinvolavano (bello il sorpasso alla prima curva del romano, brutto il suo errore subito dopo che ha riconsegnato al finnico il vertice, un filo imbarazzante il messaggio via radio del box che gli dice di far passare Alonso), kaiser Schumi era già nei guai, tutto preso a schivare i detriti della Sauber di Massa.
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