Nanni Scaglia
Brno - Game over, mondiale finito. La settima vittoria di Casey Stoner, con Valentino Rossi (Valentino muto è la fine delle moto) solo settimo e una volta di più staccatissimo (22 secondi), mette la parola fine sul campionato con sei gare di anticipo. Ovvio, con 150 punti ancora in palio, la matematica dice che, teoricamente, Rossi può recuperare le 60 lunghezze che lo separano dall’australiano, ma la realtà è completamente differente. Troppo in forma Stoner, troppo più competitiva la Ducati rispetto alla Yamaha, ancora troppa la differenza tra le gomme Bridgestone e le Michelin di Valentino. E anche un fenomeno come lui, uno che solitamente non si arrende mai, è costretto ad alzare bandiera bianca.
«Mancano sei gare alla fine - fa sapere Vale attraverso il comunicato ufficiale, unico modo per conoscere il pensiero di Rossi - e dobbiamo lavorare il più duramente possibile per trovare una strada che ci permetta di ottenere qualche buon risultato». Non si parla di vittorie e tanto meno di campionato: come dire che anche Valentino sa perfettamente che il mondiale è finito. «Sapevamo che sarebbe stata una gara difficile - è la sua analisi -, ma è andata perfino peggio delle nostre aspettative, perché dopo pochi giri le gomme hanno iniziato a scivolare. Verso la fine ho dovuto spingere al limite per stare davanti a De Puniet e fortunatamente ce l’ho fatta».
De Puniet? Ma scherziamo? Senza nulla togliere al bravo francese con la Kawasaki, Rossi non può e non deve spingere al limite per difendersi dagli attacchi di un pilota che nella sua carriera in MotoGP non è mai andato oltre il quinto posto. C’è qualcosa di strano, che purtroppo il silenzio di Valentino non aiuta a spiegare. Solo colpa delle gomme, come si evince dalle parole degli uomini Yamaha? No. C’è un insieme di fattori, soprattutto tecnici. Le Michelin, indubbiamente, sono costrette a rincorrere e in parecchie occasioni sono state troppo inferiori alle Bridgestone. Ma anche la Yamaha è tutt’altro che competitiva e se all’inizio dell’anno era seconda sola alla Ducati, adesso è stata superata anche dalla Honda, dalla Suzuki e, a livello di potenza, perfino dalla Kawasaki. Una inferiorità che troppo spesso è stata mascherata scaricando le colpe sulle coperture, oppure grazie alla bravura di Rossi. Ma adesso che Valentino non riesce più a fare la differenza, le magagne della M1 si fanno più evidenti. Insomma, anche Rossi non è nel suo momento migliore. A Brno il campione di Tavullia non è stato stratosferico come al solito ma poco reattivo, come rare volte è accaduto nella sua straordinaria carriera. E solo Valentino sa se la bufera finanziaria che l’ha coinvolto gli ha succhiato energie, tolto lucidità e motivazioni come peraltro sarebbe umano pensare. Chi gli sta attorno giura che non è così, ma Rossi non è riuscito a fare la differenza. Anche un secondo posto non sarebbe stato sufficiente per tenere aperto il discorso iridato, ma un podio avrebbe dato una nuova carica emotiva al campione in difficoltà, gli avrebbe permesso di prendersi in pista una rivincita su chi l’ha criticato in questi giorni per vicende che non c’entrano nulla con lo sport.
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