Al via la «rottamazione» dei dipendenti statali che riscattano gli studi

È stata definita come una sorta di «rottamazione» dei dipendenti pubblici. Un emendamento al decreto anticrisi, già approvato venerdì alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera, prevede infatti che l’amministrazione possa automaticamente mandare in pensione tutti i dipendenti che hanno raggiunto i 40 anni di contributi, ma non soltanto quelli effettivamente versati - come prevedeva finora la riforma Brunetta - ma anche i contributi cosiddetti «figurativi»: il riscatto del servizio militare, quello della laurea e degli eventuali studi specialistici. La «rottamazione» varrà per i prossimi tre anni, mentre dal pensionamento automatico sono esclusi i professori universitari, i primari medici, i magistrati. Non mancano le critiche su questo provvedimento, perché è vero che potrebbe servire a «svecchiare» la Pubblica amministrazione, ma potrebbe colpire alcune delle figure migliori (il caso classico sono i medici non primari, che hanno riscattato lunghi studi e specializzazioni) in servizio.

Inoltre, un’ondata di pensionamenti pubblici potrebbe mettere a repentaglio i conti dell’Inpdap, l’ente previdenziale del pubblico impiego. Infine, si tratta di una norma che va contro l’impostazione generale della riforma, che va nella direzione del prolungamento della vita lavorativa.

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