La Roubaix apre ai cinesi. Ma la vuole Pozzato

La Pasqua del ciclismo è una via crucis di quasi 260 chilometri e ventisette stazioni (leggi settori). Una via crucis per questi ragazzi che inseguono un sogno sulle strade sconnesse e cariche di storia della campagna francese. Vinta undici volte dagli italiani in oltre un secolo di vita, la Roubaix ci manca da dieci anni: l’ultimo fu Andrea Tafi, nel ’99, dopo di che il nuovo millennio ci ha regalato al massimo illusioni. Più di tutti quella di Alessandro Ballan, terzo due anni fa, costretto oggi a fare l’opinionista in Rai (diretta dalle 15,30, Eurosport inizierà alle 14) da un virus che, oltre a negargli le classiche di primavera, ha confermato la iella legata alla maglia iridata.
La regina delle classiche offre quest’anno la novità del primo cinese al via (si chiama Long Jin, ha 25 anni e corre per una squadra olandese che schiera anche il giapponese Beppu), mentre il ciclismo italiano gioca sostanzialmente due carte: Pippo Pozzato ha la rabbia di chi al Fiandre ha sprecato un’occasione, Manuel Quinziato ha la spinta di chi al Fiandre ha capito di poter centrare un risultato importante. «Pozzato domenica ha dichiarato di non avere gambe super, ma a me ha dato l’impressione contraria: gli ho detto che le corse bisogna provare a vincerle anche quando non ti senti al massimo», racconta Franco Ballerini, ct azzurro che a questa corsa ha legato grandi imprese (le vittorie del ’95 e del ’98) e grandi amarezze (una Roubaix persa per mezza gomma dall’ormai vecchissimo Duclos Lassalle nel ’93). «Bisogna osare, senza timore ­ dice il ct -. Pippo ha tutto per poter far bene, deve solo convincersi che si deve andare anche oltre la soglia della sopportazione. Quando pensi di aver perso, si può ancora vincere. Questo vale per qualsiasi corsa, a maggior ragione per la Roubaix».
Pozzato ci riprova, in tutti i sensi. Ci riprova a vincere una grande corsa e ci riprova con una marcatura a uomo: come domenica scorsa nel Fiandre. «Non ho dubbi: l’uomo da battere è Tom Boonen e io lo marcherò stretto. Stavolta Tom sono sicuro che non lascerà andar via nessuno, neanche un suo compagno di squadra. È un rischio? Io sono pronto a rischiare. D’altra parte la Roubaix è tutta un rischio...».

Terrà d’occhio Boonen, ma un occhio di riguardo dovrà averlo anche per i tedeschi Haussler e Burghardt, per lo spagnolo Flecha, per l’americano Hincapie e il belga Hoste, tutti abilissimi a far scorrere la bici sulle pietre, una qualità che può regalare una delle più grandi soddisfazioni a chi ama il Nord: dopo tanto penare, su quelle dannatissime pietre, un giro d’onore su una pista liscia liscia. Quella del velodromo di Roubaix.

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