Ruba manico di scopa, tunisino processato ma assolto perché valeva zero euro

Il magrebino fu fermato il 28 maggio 2009 a Lallio in provincia di Bergamo e rinviato a giudizio il 2 dicembre. Giovedì la sentenza: non ci fu danno economico per la vittima. Ma per lo Stato si, tra carabinieri, impiegati, giudici e avvocati d'ufficio mobilitati, senza contare carte da bollo, spese di notifica e quant'altro

L'unica riflessione da fare a questo punto è: ma quanto è costato un processo per tentato furto concluso con l'assoluzione dell'imputato perché il bottino è pari a zero? Nel senso del tempo perso da impiegati, cancellieri, magistrati, avvocati, immaginiamo d'ufficio. Senza contare le forze dell'ordine intervenute e contrastare questa improvvisa ondata di criminalità che si era abbattuta su Lallio, comune di 4mila abitanti, a metà strada tra Dalmine e Bergamo.
È il 28 maggio, tardo pomeriggio, quasi sera. Siamo in via monsignor Piazzi dove un tunisino di 30 anni, con precedenti penali per rapina e infrazioni alla legge Bossi-Fini, adocchia con grande interesse...un manico di scopa. Certo, una banalissima scopa, del tipo di quelle che si vendono nei supermercati, in plastica e alluminio. Il nordafricano la vede, tentatrice, fare capolino dal poggiolo di un'abitazione. Scavalca la ringhiera, a 1 metro e mezzo da terra, e si impadronisce dell'oggetto del suo desiderio.
Mentre si sta allontanando con il «prezioso» bottino, viene però notato da una ragazzina di 21 anni che avverte immediatamente la madre. La donna, una casalinga di 37 anni, attirata dalle urla della figlia, accorre sul terrazzo e affronta per ritornare il possesso del prezioso oggetto. In un primo momento il tunisino è tentato dall'idea di scappare. Ma, intimidito dalle urla della 37enne, decide che è meglio restituire il pezzo di alluminio e andarsene al più presto, prima che la situazione precipiti. La casalinga, però, non ha intenzione di lasciare cadere la cosa così facilmente. Dopo aver chiesto alla figlia di avvertire i carabinieri, sale sulla sua auto e si mette all'inseguimento del magrebino. Braccato dalla donna e dai militari viene ben presto assicurato alla giustizia. Ai militari che lo interrogano, il tunisino confessa l'intera sua colpa. «È vero, sono stato io. Ho preso il pezzo della scopa. Mi serviva perché ho uno spazzolone senza il manico ed è quindi inservibile e vorrei, nel limite del possibile, tener pulita casa».
I carabinieri denunciano l'uomo per tentato furto e la vicenda approda il 2 dicembre 2009 al giudice per le indagini preliminari che decreta il rinvio a giudizio del pericoloso malvivente. Nonostante l'avvocato difensore avesse inutilmente chiesto il proscioglimento dato l'assoluta mancanza di valore dell'oggetto rubato. La scopa infatti ha un valore commerciale di circa 20 euro, ma considerando che lo spazzolone attaccato non c'era più, si poteva ben considerare che il «corpo del reato» non aveva di fatto alcune valore. Niente da fare. E così arriviamo a giovedì mattina, quando il giudice Stefano Torno apre il fascicolo ci pensa su un attimo, poi batte i simbolici colpi di martelletto e decreta: «Assolto, per non aver creato danno alla parte lesa». Alla parte lesa no.

Ma al bilancio dei Ministeri Interno e Grazia e Giustizia si calcolando il costo orario dei carabinieri che hanno fermato il tunisino e lo hanno interrogato, degli impiegati, magistrati e avvocati d'ufficio che si sono passati e ripassati il fascicolo tra le mani, per tacer della benzina della macchina dei carabinieri, delle carte da bollo, delle spese di notifica e quant'altro.

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