Nuovi Santori crescono. La farsa della tv pubblica controllata dai partiti e gestita dai tribunali del lavoro ha trovato un altro simulacro, Paolo Ruffini, ex direttore di Rai Tre che non ha mandato giù la trombatura (prassi ordinaria in Rai), ma avendo fatto causa e avendola vinta adesso pretende il reintegro sulla vecchia poltrona. Problema: su quellattrezzo si è piazzato un altro direttore, sempre di area piddina, Antonio Di Bella, ma di rito molto differente, bersaniano e non catto-progressista. Questioni loro, affari di bottega (sempre oscura), ma che nelle mani dei soliti tromboni diventa affare di Stato e sine qua non democratico. Ruffini, figlio e nipote di poteri forti (il padre ministro Dc, il prozio cardinale), è stato silurato nel novembre scorso in ossequio alla logica dello spoil system che vige in Rai dalla notte dei tempi, ma soprattutto in ossequio al puro calcolo di correnti e gerarchie tutte interne al Pd. Eletto segretario del Pd Pierluigi Bersani a fine ottobre 2009, dunque sconfitta lala popolare-cattolica dei Franceschini, sale nelle quotazioni Rai lex Telekabul e cade invece in disgrazia la pattuglia dei moderati in versione progressista, tipo appunto Paolo Ruffini. Urge sostituzione, e infatti arriva in tempi record, dopo unattesa trascinata comicamente per mesi in vista dellesito del congresso Pd, vero editore di RaiTre. Quindi, con Bersani eletto al soglio democratico, salgono Di Bella alla direzione del Tre e Bianca Berlinguer al Tg. E il «cardinale» Ruffini? Ripagato con unaltra direzione, come usa in questi casi, quella di Rai Premium e Rai Educational. Ruffini però non accetta, rilascia interviste furenti, arruola i conduttori della sua ex rete, da Floris a Fazio, che ne rivendicano in coro la riesumazione. Nel frattempo, però, Ruffini arruola pure lavvocato di fiducia che presenta il conto al Tribunale di Roma, il quale ieri ha emesso il verdetto. Un provvedimento durgenza con cui «fa ordine alla Rai di adibire il ricorrente (il nostro Ruffini, ndr) allattività lavorativa come dirigente editoriale di Raitre con adibizione alle mansioni svolte prima del 25/22/2009», data della trombatura che, spiega il giudice del tribunale civile Eliana Paci, «non appare dettata da reali esigenze di riorganizzazione imprenditoriale, presentando invece un chiaro connotato di motivazione discriminatoria e quindi illecita», confermata secondo il magistrato dalle parole del dg Masi che in Vigilanza Rai aveva parlato di una anomalia della tv pubblica italiana perché ospita «programmi contro» (il governo). Ora la via al martirio è spianata, anche se la via crucis televisiva si è fatta parecchio affollata ultimamente. Santoro docet, Ruffini discit. Si intravede dunque una categoria protetta di dirigenti Rai: gli inamovibili, ontologicamente diversi dagli altri colleghi, che possono essere cancellati (lelenco dei dispersi in Rai è lungo un chilometro) senza trovare sponde amiche o tribunali pronti a rifare gli organigrammi del servizio pubblico. Il giudice rileva che la rimozione di Ruffini dalla direzione di Raitre non è avvenuta «per ragioni connesse ad esplicite responsabilità professionali nello svolgimento dellincarico o a ragioni collegate al mancato raggiungimento di risultati o obiettivi editoriali». La domanda sarebbe: ma quando mai un dirigente Rai è stato rimosso per ragioni non politiche?
Comunque, adesso che succede? Lipotesi che Di Bella lasci lufficio a Ruffini è da scartare totalmente. Per il momento la Rai si limita a rimanere nel caos, sua condizione abituale. Lavvocato di Ruffini parla come fosse il direttore generale («Per legge Paolo Ruffini è il direttore di Raitre»), lazienda fa ricorso e si riserva di individuare nellimmediato incarichi equivalenti alla direzione di Raitre, il presidente Garimberti sentenzia evanescente: «Le sentenze della legge vanno rispettate». E quindi? Mistero buffo.
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