Economia

Un ruolo strategico per il mondo assicurativo

«Se esistesse una polizza contro la crisi, sicuramente tutti l’avremmo da tempo sottoscritta. Purtroppo, dobbiamo parlare di assicurazioni ancora in periodo di crisi». Così l’editore Paolo Berlusconi, martedì 24 maggio, a palazzo Mezzanotte di piazza Affari a Milano

Un ruolo strategico per il mondo assicurativo

«Se esistesse una polizza contro la crisi, sicuramente tutti l’avremmo da tempo sottoscritta. Purtroppo, dobbiamo parlare di assicurazioni ancora in periodo di crisi o, comunque se vogliamo essere un po’ ottimisti, in un periodo che lascia intravedere non certo un bagliore, ma almeno una luce in fondo al buio». Così l’editore Paolo Berlusconi, martedì 24 maggio, a palazzo Mezzanotte di piazza Affari a Milano, ha portato i saluti agli intervenuti alla terza edizione del convegno organizzato dal Giornale delle Assicurazioni con la collaborazione di Aiba, Associazione italiana brokers di assicurazioni e riassicurazioni, e dal titolo: Assicurazioni e sistema Italia. Il fattore rischio nella competizione globale: il ruolo delle assicurazioni.

Berlusconi è entrato subito in tema, dettando, per così dire, «la linea». Proprio in questo periodo di difficoltà economica, «dobbiamo domandarci», ha continuato, «che cosa voglia veramente un cliente, soprattutto in un mercato diventato molto più selettivo rispetto al passato e, in particolare, se abbia senso ascrivere il bisogno di assicurazioni tra quelli primari in budget aziendali e familiari sempre più ristretti. La risposta è scontata, ma…».

L’editore ha voluto ricordare agli oratori e alle figure professionali rappresentate al convegno milanese (dirigenti delle compagnie assicurative, consulenti come i risk manager, broker e agenti) la differenza sostanziale tra bene e prodotto. «Il bene è la “cosa”, senza alcun servizio. Il prodotto è sempre la “cosa”, ma con l’aggiunta del servizio. Se devo muovermi, posso usare l’auto, il “bene”, ma ho bisogno anche che sia in regola con la manutenzione, e questo è “servizio”. Auto più manutenzione uguale “prodotto”. Lo stesso deve valere sempre di più nel campo assicurativo».

Infatti. Ed è qui che Berlusconi vuole andare a parare: «Il bene “assicurazione”» ha rimarcato, «avrà sempre meno senso di esistere in un mondo ancora in uscita dalla fase di crisi, in un mercato in cui l’attenzione al prezzo è diventata cruciale, in un settore in cui si iniziano ad affacciare nuovi concorrenti aggressivi o agguerriti».

Servizio Se, dunque, è il «servizio» quello che conta - e che apre il mercato a una maggiore concorrenza e a nuovi operatori - numerosi sono gli interrogativi che l’assicuratore si deve porre. Per esempio, qual è il servizio richiesto e da offrire («Consulenza assicurativa? Consulenza in tema di rischio? Servizi per potere avere una vita, privata e aziendale, senza inconvenienti?»), quale servizio vuole il cliente, ma soprattutto «chi è il mio cliente», quello «che vuole un bene o un servizio»? Su questi interrogativi bisogna confrontarsi. E questo, ha indicato Berlusconi, «dovrebbe essere l’obiettivo del convegno odierno. Questo dovrebbe diventare lo scopo che ogni relatore potrebbe dare al suo discorso». Solo trovando le risposte giuste agli interrogativi posti qualche riga sopra, «potremmo dire che la crisi ci è comunque servita, solo così potremo dire di avere dato un contributo vero allo sviluppo economico del nostro Paese».

Infine, un breve richiamo all’etica. La crisi ha mostrato come un’economia senza etica produca danni, a volte irreversibili, per l’intero pianeta. «Ma chi decide le regole alle quali la coscienza deve adeguarsi? I regulator, gli attori, i clienti, altri non identificati?», ha detto Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni e di BancaFinanza.«Sicuramente si deve passare dal piano etico a quello pragmatico. D’altronde anche avere un’etica fine a se stessa non serve, in quanto finirebbe per non essere applicata e, di conseguenza, dimenticata».

L’invito lanciato da Paolo Berlusconi a costruire un futuro oltre la crisi e nel quale il mondo assicurativo, con i suoi strumenti, può diventare strategico è stato raccolto da Roberto Formigoni, governatore della Lombardia. Il quale lo ha sottolineato con grande convinzione. «Voi assicuratori siete tra i soggetti più importanti per il Paese e per la Lombardia».

E poiché «dobbiamo crescere e avere una strategia efficace» per dispiegare tutte le potenzialità del nostro capitale pubblico, privato, umano (una formazione di alta gamma) e sociale, «le assicurazioni devono contribuire a rendere efficaci questi capitali». La loro mission deve essere quella di fabbricare «prodotti su misura per le Pmi e soprattutto per quelle votate all’export. Inoltre, prodotti assicurativi innovativi e ad alto contenuto per le aziende che scommettono sulle tecnologie e sul futuro e per quelle in fase di start up».

Insomma, il sostegno all’economia reale deve diventare fra i principali settori di intervento del mondo assicurativo. Ma non solo. Sanità e pensioni: da costi per lo Stato devono diventare l’occasione per lo sviluppo di nuovi prodotti assicurativi. E mentre il pubblico «deve fare da regia per la valorizzazione delle risorse», le compagnie, «accolte e salutate in maniera positiva in Lombardia» e che sono tra i «migliori intermediari finanziari, devono contribuire a costruire un nuovo sistema di welfare».

Imprenditori e aziende Sul tema imprenditori e aziende si è soffermato Fabio Cerchiai, presidente di Ania. «Il rischio è connaturato alla vita delle imprese» ha sottolineato, «e non ci può essere mercato senza rischio. E oggi che il mercato è globale, la percezione del rischio è senza dubbio maggiore». E poiché Paolo Berlusconi ha parlato di assicurazioni ancora in tempo di crisi, il presidente di Ania ha descritto con efficacia qual è la situazione: «La crescita è quanto mai contenuta nei Paesi dove si sono conquistati livelli di qualità di vita mai raggiunti, mentre in quelli più poveri, la competitività e la crescita sono più robuste e veloci».

La crisi finanziaria «è uscita dalla sua fase più critica», ha puntualizzato Cerchiai, «ma ha lasciato segni profondi. Uno di questi è la minore capacità di investire sul welfare». Ma l’obbligo è quello di sempre: ricostruire «un sistema socio-economico socialmente equo e con una forte coesione sociale» senza la quale non c’è possibilità di sviluppo.

Nuove sfide Che cosa è cambiato in questi ultimi tempi? Molto. «Il lavoro è diventato sempre più flessibile, la vita si è allungata (quindi, ci sono più costi di sistema) e si è ridotto il tasso di natalità con tutte le conseguenze in campo previdenziale». E ancora: «Sono più profondi i cambiamenti climatici e catastrofali e le crisi politiche mediorientali stanno incidendo sulla provvista energetica e sull’incremento dei flussi migratori». Infine: «È cambiata la domanda di sanità: dal curare al prevenire. Il focus degli interventi economici, infatti, è sull’evitare che la comunità si ammali».

Qual è, dunque, il ruolo dell’assicuratore? «È partire proprio dai bisogni di oggi e di intravedere quelli di domani». Convincendosi tutti che «l’assicurazione è il motore importante dell’economia avanzata, e che deve consentire alle piccole e medie imprese di competere con efficacia ed efficienza».

È indubbio che le Pmi sono in difficoltà essendo sottocapitalizzate e non potendo contare su «un accesso facile al credito. Le compagnie possono accrescere il mercato creditizio per le Pmi perché trasferiscono i rischi a un partner più forte che sono le assicurazioni». L’investimento assicurativo, insomma, migliora il rating. E se l’Italia è un Paese sottoassicurato, così lo sono le sue imprese. Soprattutto quelle meno strutturate. Infatti «il bisogno assicurativo» avverte il presidente di Ania, «aumenta con la crescita della dimensione dell’azienda, la quale ha una maggiore percezione del rischio. Con la crisi, insomma, piccolo è diventato meno bello».

Fare sistema. Cerchiai non si stanca di ripeterlo. «Banche, assicurazioni, imprese, famiglie devono essere disponibili al dialogo fra di loro e consentire alla politica di fare scelte condivise tra il pubblico e il privato». Soluzioni diverse non ce ne sono, sottolinea il presidente di Ania: «c’è bisogno di tutti per affrontare i temi epocali».

I lati oscuri Se per Formigoni e Cerchiai le assicurazioni «sono tra i soggetti più importanti del Paese», e sono «il motore dell’economica avanzata», all’Isvap il compito di mettere l’accento sui lati meno positivi di un settore che ha ampi spazi di miglioramento. «Le assicurazioni devono recuperare immagine, credibilità, correttezza dei comportamenti (mi viene in mente la Rc auto), efficienza ed efficacia soprattutto nella struttura liquidativa». Non usa giri di parole Flavia Mazzarella, vicedirettore generale dell’Isvap. Che indica per il mondo assicurativo altri obiettivi. Irrinunciabili: «Accrescere la presenza sul mercato, e non solo nel settore della Rc auto perché è obbligatoria, mentre sul sistema distributivo assistiamo ancora a piccoli e timidi sforzi, e anche sull’innovazione di prodotto non c’è una spinta decisa».

Bisogna fare in fretta. Anche perché è alle porte «Solvency 2 che impone regole più strette su governance, audit, risk manager e compliance per evitare il rischio di default». Solvency 2 «è una sfida epocale» l’ha definita Mazzarella. Che sottolinea: «La sua data di entrata in vigore non deve slittare, ma dobbiamo approfittare delle tappe di avvicinamento per verificare l’efficacia della misurazione dei rischi all’interno delle compagnie e l’efficienza della vigilanza. Infine dobbiamo essere protagonisti e presenti là dove vengono scritte le nuove regole».

Sottoassicurazione A chiudere i lavori del convegno Marco Oriolo, armatore e logistico, vice presidente dei giovani imprenditori di Confindustria con delega all’economia, finanza e internazionalizzazione d’impresa. È d’accordo con Cerchiai: «Fare impresa significa esporsi al rischio. Io lo so bene che sono armatore e logistico». Ma perché, si è chiesto subito, nelle assicurazioni i francesi spendono il doppio, gli inglesi il triplo, gli Usa cinque volte più degli imprenditori italiani? «Perché non sappiamo ancora trasformare il rischio in valore» è stata la sua risposta.

Altra domanda: che cosa serve davvero per avvicinare le imprese alle assicurazioni e viceversa? «Il vostro compito», ha elencato Oriolo rivolgendosi alla platea di Palazzo Mezzanotte, «è quello di aiutarci a limitare i rischi collaterali al core business». Ma non solo. Perché se è vero che nelle imprese - ma non solo nelle aziende - manca ancora la cultura del risk management, è anche vero che i costi assicurativi, considerati elevati, sono un fattore importante per le Pmi che rappresentano il 95% dell’economia reale, e delle quali l’80% ha meno di 15 dipendenti.

«E ha ragione il presidente di Ania», avverte Oriolo, «quando sostiene che il bisogno assicurativo aumenta con la crescita dimensionale dell’azienda. Figure che nella fase di start up non sono ritenute indispensabili, diventano in seguito strategiche: prima si assume il responsabile amministrativo, poi quello finanziario, infine il risk manager per identificare i rischi e saperli gestire».

Tutti hanno le loro colpe se manca la cultura assicurativa, secondo il vice presidente dei giovani imprenditori di Confindustria. Gli imprenditori che «quando discutono di affari, al tavolo portano il responsabile finanziario e non il risk manager». Il sistema accademico «che non ha il risk management nel piano di studi di base». Le assicurazioni che «non devono vederci solo come clienti, ma come partner ai quali insegnare il know how acquisito dalle compagnie».

Ci si conosce poco tra imprese e agenti, anche perché da una parte «le polizze sono ancora poco trasparenti e il linguaggio è poco comprensibile», dall’altra c’è ancora «poca preparazione» da parte dell’imprenditore. Ma per evitare di maneggiare solo analisi, «lavorate di più sulla trasparenza dei contratti e abbandonate l’approccio generalista», consiglia Oriolo; «nelle imprese mandate assicuratori formati sulle nostre esigenze. Capaci di affrontare e risolvere i problemi che sono più interessanti per gli imprenditori. Per esempio? Il maggior rischio, oggi, è quello dei crediti dal momento che i clienti o non pagano o pagano in ritardo: quali sono le vostre proposte?».

Le richieste non finiscono qui. Dice, infatti, Oriolo: «Dal momento che i costi assicurativi sono elevati per le Pmi troppo piccole, perché non pensate a premi incentivanti? Oppure a promuovere su questa tematica reti d’impresa per abbattere i costi? E, infine, perché non ci proponete degli appositi corsi perché le nostre aziende sappiano gestire i rischi?».

Agli assicuratori la risposta.

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