da Roma
Onorevole La Russa, An oggi scende in campo a piazza San Babila. Volete re-intestarvi un’azione politica o dimostrare al nuovo partito di Berlusconi che anche voi avete un popolo?
«C’è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. E la piazza ha una valenza simbolica, per la nostra storia ma anche per le vicende attuali legate a quanto detto da una nostra ex collega di partito».
Il riferimento è a Daniela Santanchè?
«Esattamente. Che la Santanchè dica che andava a Piazza San Babila è il massimo. Dovevo compiere sessant’anni per ascoltare una sciocchezza del genere».
Qual è il messaggio politico che volete comunicare?
«Innanzitutto che An è forte e compatta come non mai. Questa è una comunità che nei momenti difficili dà il meglio di sé. E il fatto che oggi saranno presenti tutti i dirigenti la dice lunga».
Sarà una dimostrazione di forza rivolta soprattutto agli alleati?
«Guardi, noi scenderemo in piazza per continuare a chiedere una casa comune per tutto il centrodestra. Noi siamo sempre stati i più insistenti. Berlusconi ha sempre detto sì in linea di principio, ma in parte per responsabilità non sue, in parte per qualche sua indecisione non abbiamo mai costruito questa casa comune».
E ora sembra aver imboccato la strada opposta. Siete preoccupati di restare nell’angolo?
«L’iniziativa di Berlusconi è rispettabilissima e punta a una crescita dei consensi. Se prima rappresentava meno del 50% del popolo di centrodestra ora spera di avere il 100%. Ma se dovesse finire così io sono pronto a scommettere che An uscirebbe rafforzata e si avvicinerebbe al 15%. E probabilmente lo stesso accadrebbe a Forza Italia. Il rischio, però, è che a essere sconfitto sia il centrodestra».
Sareste disposti a unire i gruppi parlamentari di An e Forza Italia?
«Le dò una notizia: io ad Assisi avrei voluto invitare i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia proprio per ipotizzare un esperimento di questo tipo. Poi non se ne fece niente. La verità è che adesso è più difficile di prima e bisogna ripartire dai contenuti».
Il primo tema su cui dovrete confrontarvi è quello della legge elettorale. Temete il ritorno al proporzionale?
«An dirà sempre no a ogni prospettiva di inciucio con la sinistra. Il cittadino non può essere privato di un diritto: una legge che gli consenta di sapere prima chi è il candidato premier, quale coalizione lo appoggia e il programma che lo sostiene. Non è il proporzionale il problema ma il bipolarismo».
Lei si dice convinto che Fini e Berlusconi possano trovare «un nuovo punto di equilibrio». La lettera congiunta del leader di An con Casini, in realtà, non sembra avvicinare questa prospettiva.
«Io credo che quello di Fini sia un passo verso la chiarezza. In questo momento tutti coloro che sono alternativi alla sinistra devono tornare a parlarsi e quel comunicato non mi sembra presagisca a una rottura. Io credo che sarebbe utile una nuova Gemonio in questo momento».
Ma lei non teme che tra Berlusconi e Fini il rapporto umano sia troppo deteriorato?
«In questo momento deve prevalere l’identità politica. A me piace che la politica sia accompagnata dall’amicizia. Ma oggi il rapporto tra i partiti del centrodestra non può essere fondato sui rapporti amicali. Servono regole precise e contenuti».
C’è ancora un futuro per il centrodestra nella forma in cui lo abbiamo conosciuto in questi anni?
«Fini e Casini si sono parlati e Bossi ha mantenuto una posizione davvero molto equilibrata. Abbiamo tutti la possibilità di portare un mattone per costruire una nuova casa. D’altra parte a maggio si va a votare nelle province siciliane, in Friuli e altrove. Vogliamo davvero consegnare l’Italia alla sinistra? Qualcuno pensa davvero di poter vincere da solo?».
Qualcuno adombra il sospetto che An possa mettere in atto una politica di ritorsioni, appoggiando la Gentiloni. È un’ipotesi plausibile?
«Votiamo come riteniamo giusto votare e quindi voteremo contro la Gentiloni. Ma di fronte alla crisi della Rai bisognerà mettere mano alla questione del servizio pubblico».
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