Guerra fredda, capitolo secondo. Vladimir Putin mantiene le promesse, o meglio le minacce, e ottiene dalla Duma - il Parlamento di Mosca - un consenso plebiscitario alla sua proposta di sospendere il trattato di disarmo Cfe. I deputati russi hanno votato allunanimità un testo in cui si legge tra laltro che il trattato «non corrisponde più agli interessi di sicurezza della Russia».
Non bisogna farsi ingannare dallapparente insignificanza delle sigle. Il Cfe è una pietra angolare della sicurezza in Europa, laccordo grazie al quale quasi ventanni fa è stata avviata la riduzione delle forze convenzionali nel Vecchio continente: significa dunque una garanzia perché dalle nostre parti circolino meno carri armati e mezzi blindati, volino meno aerei ed elicotteri da combattimento, sia puntata meno artiglieria, siano dislocate meno truppe nelle zone sensibili ai confini tra la Russia e larea Nato. In altre parole, da quando il 19 novembre 1990 i Paesi Nato e quelli dellallora Patto di Varsavia firmarono il Cfe sono state poste le basi per allontanare il rischio di una guerra in Europa.
Perché dunque Mosca decide ora di sospendere questa garanzia? Putin afferma che si tratta di una risposta alla decisione americana di costruire in Polonia e Repubblica Ceca (due ex membri del dissolto Patto di Varsavia entrati a far parte della Nato nel 1999) dei radar e delle batterie antimissile destinati a contrastare la minaccia rappresentata dallIran in cerca dellarma atomica. Il presidente russo non crede alle spiegazioni americane e sostiene invece che Bush stia cercando in questo modo di mettere sul suo Paese uninaccettabile pressione militare.
Con il voto di ieri alla Duma, dunque, viene compiuto un passo in avanti nella direzione di quella moratoria del Cfe che Putin aveva prefigurato nel suo discorso dello scorso 26 aprile. Fallito nei mesi successivi un tentativo di conciliazione al consiglio Nato-Usa, il numero uno del Cremlino emise il 14 luglio un decreto di sospensione del trattato Cfe, che ieri è stato approvato dal Parlamento. I suoi effetti entreranno in vigore nella notte tra il 12 e il 13 dicembre prossimi, allo scadere dei 150 giorni dalla notifica ai Paesi interessati (tra i quali cè il nostro). Da quel momento la Russia non dovrà più rispettare le limitazioni sulla dislocazione delle truppe, anche se sostiene di non voler cambiare nulla per il momento. Di più, il viceministro degli Esteri Sergei Kisliak ha detto che il voto di ieri non significa che Mosca sia uscita dal trattato, ma che cè la disponibilità a siglarne uno nuovo. In particolare, la Russia contesta agli occidentali di non aver mai ratificato e applicato il trattato come invece Mosca ha fatto e che se riscontrerà buona volontà nella controparte sarà pronta a venirle incontro.
Per il momento le reazioni della Nato non sono, come prevedibile, positive.
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