Politica

Rutelli-Bersani, duello liberista per eliminare Rifondazione

Fabrizio Ravoni

da Roma

Luchino, Luchino delle mie brame, chi è il più liberista del reame? Pare di vederli Francesco Rutelli e Pierlugi Bersani che interrogano lo specchio per l’ardua risposta. E lo specchio tace. Troppe volte ha concesso aperture di credito poi non confermate dai fatti, cioè dagli atti del governo. Uno su tutti: il taglio del cuneo fiscale.
Chi non tace, invece, è Rifondazione. Il partito di Bertinotti e Giordano ha compreso benissimo che la reciproca irritazione fra il vicepremier ed il ministro per lo Sviluppo economico è esclusivamente frutto di una corsa ad ingraziarsi i favori di chi, come gli imprenditori, si sono sempre mostrati favorevoli a maggiori aperture in campo economico. Aperture che Rifondazione osteggia. Da qui, la convinzione - nelle fila di Prc - che sia Rutelli sia Bersani stanno lavorano per un obbiettivo comune: far fuori Rifondazione dal governo.
Ma stanno cercando di raggiungerlo da fronti diversi. Uno più diretto, Rutelli. Uno in maniera più politically correct per la sinistra, Bersani. E pur di essere i primi a cui lo specchio sorriderà sono pronti anche a dichiararsi «singolar tenzone».
Ad iniziare le danze fu Bersani con il decreto di quest’estate. L’obbiettivo era quello di intaccare rendite di posizione di determinate categorie, taxisti in testa. Ovviamente, con il plauso di Rifondazione. Quel che successe poi (manifestazioni di piazza, città bloccate) è alla storia. Il governo cercò di correre ai ripari; ammorbidì il decreto. E subito si alzò Rutelli a sentenziare: il governo (e per governo intendeva esclusivamente Bersani) ha ceduto. Passa un mese, e Bersani ci riprova. Non soddisfatto di aver aumentato le proprie competenze accorpando in via Molise le competenze per lo Sviluppo e Coesione (dipartimento che in precedenza era annesso al ministero dell’Economia), tenta il blitz. Presenta un piano di riordino che prevede la sua unica competenza su ogni forma di incentivo all’industria.
Anche in questo caso, Rutelli (con minore clamore, ma con maggiore efficacia) lo critica e sventa il blitz: tutto rimane com’è. E per rafforzare il suo ruolo di interlocutore economico, con gli imprenditori; e politico, in chiave anti-Rifondazione, passa all’attacco. Prima manda in avanscoperta Linda Lanzillotta. L’ex funzionario della commissione Bilancio della Camera, poi sua assessora al Bilancio al Comune di Roma, nonchè vicina d’ombrellone a Capalbio, presenta un disegno di legge agganciato alla Finanziaria che prevede la privatizzazione delle società municipalizzate.
Rifondazione è contraria. E qualcuno vede nell’atteggiamento degli uomini di Giordano la «consulenza occulta» di Bersani, che dal progetto si vede «scippato» un tronco di competenze. La protesta è sotterranea, ma costante. Prc dice chiaramente: non lo votiamo. La settimana scorsa, in un vertice fra i capigruppo di maggioranza, fra la Lanzillotta e Rifondazione volano parole grosse. Alla fine una prova di ammorbidimento, sottoforma di emendamento, i Comuni possono - se vogliono - procedere alla privatizzazione delle aziende municipalizzate di servizi; non più, «devono». Il risultato, comunque, non cambia: Prc è contraria.
L’affondo arriva con il documento che venerdì Rutelli distribuisce al Consiglio dei ministri. Parla di liberalizzazione di servizi e mette i piedi nel piatto di Bersani (oltre che in quello di Prc: contraria su tutto lo schema Rutelli). Per la gente del ministero dello Sviluppo economico è il frutto di chi ha «ansia della fase due. È un progetto dal fiato corto, in parte condivisibile, ma che difficilmente potrà essere tradotto in un articolato di legge». Una specie di «manuale delle giovani marmotte liberiste», tutto in chiave anti Rifondazione.

E lo specchio tace ancora.

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