Politica

Rutelli fa l’americano e spiazza ancora i Ds

Laura Cesaretti

da Roma

La missione americana è finita, e gli uomini di Francesco Rutelli assicurano che il risultato è stato «più che positivo». Quattro giorni tra Washington e New York, fitti di colloqui e incontri con dirigenti politici e teste d’uovo dei Democratici Usa, che si accingono a sfidare Bush nelle elezioni di midterm del 2006, ma anche con esponenti del governo repubblicano: l’incontro di mercoledì al Dipartimento di Stato con Dan Fried, braccio destro di Condy Rice, è stato «il primo dal 2001 tra un dirigente dell’opposizione italiana e un uomo dell’amministrazione Bush», tengono a sottolineare nell’entourage rutelliano. E proprio allo State department il leader della Margherita ha tenuto a presentarsi come «la sponda più filoatlantica» che gli americani possano trovare nel centrosinistra italiano.
Un’affermazione che la dice lunga sul disegno che Rutelli ha in testa, per sé medesimo e per il partito che ora, dopo anni di «pane e cicoria» e di guerriglia permanente con Romano Prodi e i suoi emissari dentro i Dl, può finalmente definire «suo». Un disegno che coltiva pazientemente da tempo, con la costruzione a Bruxelles del Partito democratico europeo, assieme al francese Bayrou, che oggi «rappresenta il terzo partito e l’ago della bilancia nel Parlamento Ue», e con l’alleanza sancita in questi giorni a Washington con i New Democrats clintoniani. Un vero e proprio gemellaggio, con tanto di board e di segretariato permanente e di sito Internet comune; una prima dimostrazione concreta di quella strategia di «rottura delle vecchie famiglie politiche» che Rutelli persegue. Per dare al suo partito e alla sua leadership una collocazione credibile all’interno di una nuova rete di relazioni internazionali, dopo aver sventato il rischio di finire nelle fauci di Prodi con il listone ulivista e di venir risucchiato dall’egemonia diessina nel Pse. «Una cosa è certa - commentava alla vigilia del viaggio in Usa Lapo Pistelli, responsabile esteri Dl - ora nessuno potrà più venirci a dire che siamo senza famiglia politica e che dovremo cercare posto tra i socialdemocratici».
E non a caso la frase sulla «sponda filo-atlantica» ha fatto saltare la mosca al naso agli alleati Ds, che hanno subito messo i puntini sulle «i»: la Quercia non è affatto antiamericana, anzi è assolutamente disposta a dialogare con Bush, che alla Casa Bianca resterà ben oltre l’eventuale ascesa di Prodi a Palazzo Chigi. «L'affermazione di Rutelli - dice infatti il senatore ds Forcieri - presuppone che esista un'ala antiamericana nel centrosinistra. Cosa che non solo non è corretta, ma non è per nulla vera. I Ds hanno posizioni diverse rispetto al presidente Bush sulla guerra in Irak. Ma mai è stato messo in discussione il rapporto transatlantico, il dialogo con gli alleati. L'amministrazione Bush rappresenta gli Stati Uniti e con l'amministrazione Bush il centrosinistra si vuole confrontare e ricercare intese». È la prima reazione da parte diessina al viaggio oltre-Atlantico di Francesco Rutelli, anche se in privato si sprecavano i commenti acidi, ad esempio sul pranzo di ieri col finanziere Soros, che i Dl definiscono «un mecenate della democrazia» e che i Ds sospettano possa dare una mano concreta alla campagna elettorale dell’ingombrante alleato. Ma questo non vuol dire che l’evento sia stato sottovalutato al Botteghino: sarà una coincidenza, ma proprio negli stessi giorni Piero Fassino ha annunciato una sua missione in Europa, condita da incontri con Barroso, Solana, Schulz e da pubblici elogi a Tony Blair, «il leader più europeista che la Gran Bretagna abbia avuto». Già, perché nella competition che si sta scatenando tra Ds e Margherita, in vista delle prossime elezioni, la politica estera e la collocazione internazionale non sono un terreno secondario, e la Quercia non si farà scavalcare tanto facilmente dal movimentismo blairista di Rutelli. Movimentismo estero ma anche interno, come dimostra l’assiduo lavorio di questi mesi per costruire attorno alla Margherita un network di rapporti con l’establishment economico, culminato nel convegno di Frascati a fianco di Montezemolo e Monti e con il pranzo milanese con De Benedetti e Bazoli, proprio nelle ore in cui il banchiere bresciano dava lo stop a Prodi sulle sue velleità di lista in proprio. Nonchè nello scontro aperto con D’Alema sul caso Ricucci. Per non parlare di un altro influente network, quello cattolico ruiniano di cui Rutelli (che a settembre debutterà al Meeting ciellino di Rimini) è assurto a unico punto di riferimento nell’Unione. Molte reti, quelle gettate dall’ex «bello guaglione».

Resta da vedere quanti voti sapranno catturare, perchè la partita della supremazia nell’Unione è tutta aperta.

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