Roma - Inizia a tarda ora la discussione nel Consiglio dei ministri sulle liberalizzazioni. Alla base del ritardo, gli scontri fra Bersani e Rutelli; i tentativi di mediazione di Palazzo Chigi; lo stop imposto da Giuliano Amato al riordino delle Authority. Lo schema di liberalizzazioni di Bersani decolla dopo 5 ore, lasciandosi alle spalle lacerazioni nella maggioranza. Ma Prodi, come al solito, fa spallucce e accusa la Cdl. «L’economia italiana è liberata e il governo precedente non ha mai voluto affrontare questo cambiamento», dice in conferenza stampa. «Rendere migliore la vita di tutti i giorni», commenta Bersani dopo la lotta «fratricida» con Rutelli.
Liberalizzazioni. I due provvedimenti previsti, un decreto legge e un disegno di legge, vengono scritti e riscritti mille volte durante la giornata. Articoli che dal disegno di legge passano al decreto, e viceversa, anche a Consiglio dei ministri in corso. Compresi quelli sulle estetiste, che dal disegno di legge finiscono nel decreto per la loro «necessità ed urgenza». In compenso, scompare la commissione di massimo scoperto sui conti correnti bancari, mentre dal disegno di legge entra nel decreto la cancellazione gratuita dell’ipoteca al termine di un mutuo. Accantonata definitivamente (non finisce nemmeno nel ddl) gli indennizzi sui ritardi postali, mentre scompaiono dal decreto per finire nel disegno di legge le misure sul gas e quelle sul Pra.
Braccio di ferro. È violento quello che si consuma nel Consiglio dei ministri fra Bersani e Rutelli. E alla fine il primo la spunta. Il confronto si consuma sul gas. Ma anche sull’Alta velocità ferroviaria, per la quale è prevista la revoca, per decreto, di tutti gli «affidamenti» ai consorzi: aggiudicati fin dal 1991 senza gara. Bersani mette il tema energetico (Borsa del Gas e dell’Acquirente unico) nel disegno di legge. Rutelli lo vuole nel decreto. I due s’incontrano all’ora di pranzo. Non raggiungono un’intesa e fanno tardare l’inizio della riunione di governo. «Non c’è mica un derby nel governo sulle liberalizzazioni», commenta a metà mattinata Francesco Rutelli nel tentativo di allentare la tensione. Il vicepremier ottiene una mediazione di Palazzo Chigi. Mediazione che si traduce nell’inserimento delle misure di liberalizzazione del gas nel testo del decreto legge. Bersani se ne accorge e parte un confronto che - a detta di chi era presente - «è stato tremendo», dentro e fuori la sala del consiglio. A tarda ora scatta una discussione fra chi vuole le misure sul gas dentro il decreto - così come previsto dalla bozza che circola - e chi le vuole stralciare, per farle confluire - come vorrebbe Bersani - nel ddl. E vince Bersani.
Ricariche. Quello del gas, però, non è l’unico tema in grado di alzare la temperatura dentro la sala del consiglio. Sempre nel decreto legge, Bersani inserisce la misura che taglia il costo delle ricariche sui telefonini; comprese quelle effettuate attraverso Bancomat. Paolo Gentiloni erano mesi che studiava il problema. Ma Bersani glielo scippa. In consiglio, il ministro delle Comunicazioni è favorevole con la Bonino a un taglio dei costi, ma avrebbe preferito che venisse affidato all’Authority per le Comunicazioni, invece che a un decreto legge. Anche qui, quindi, vince Bersani. Mentre resta una ferita aperta fra Ds e Margherita anche il ddl sulle municipalizzate della Lanzillotta (Margherita) abbandonato in commissione al Senato.
Authority. Il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto varare lo schema di riordino delle autorità in materia finanziaria. In bilico fino all’ultimo, entra nell’ordine del giorno solo in mattinata. Ma quando Palazzo Chigi lo inserisce nell’agenda non immagina la reazione di Giuliano Amato. Il disegno prevede una suddivisione di maggiori poteri fra Consob e Banca d’Italia. Ma la bilancia - secondo il ministro dell’Interno - pende a favore di via Nazionale, soprattutto grazie alla scelta del ministro dell’Economia di cedere all’Istituto centrale parte delle competenze oggi gestite dal Cicr, Comitato interministeriale del credito e del risparmio. Amato è contrario a questa abdicazione di ruoli e funzioni da parte di Padoa-Schioppa (che viene dalla Banca d’Italia). Così, il ministro dell’Interno si oppone allo schema di riordino. Al suo fianco trova Alessandro Bianchi, anche lui contrario alla ridefinizione di ruoli e competenze delle Autorità.
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