Politica

Sì delle Coop alla Banca del Mezzogiorno

RomaI nodi da sciogliere sono ancora molti. Tanto per citarne uno, lo Stato - che non può entrare nel capitale delle banche - avrebbe difficoltà a dare il suo apporto anche in altro modo, ad esempio fornendo direttamente garanzie sul credito che la Banca del Mezzogiorno concederà alle imprese del Sud. Ma una cosa è certa, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti la sua scelta l’ha fatta: la Banca del Mezzogiorno avrà più o meno il volto del credito cooperativo e dei suoi sportelli sparsi in tutta l’area. Il motivo del coinvolgimento delle banche legate alle coop bianche è proprio questo: il credito cooperativo garantisce il legame con il territorio ed è il principale riferimento delle piccola e media impresa meridionale. Lo strumento giusto per fare rimanere i soldi del Sud alle aziende del Sud. Il presidente di Federcasse (l’associazione delle Banche di credito cooperativo e casse rurali italiane) Alessandro Azzi ieri ha ufficializzato il «riconoscimento importante» al suo mondo e ha snocciolato le cifre di un sistema, che dovrebbe diventare parte integrante della nuova banca: 108 aziende e oltre 600 sportelli tutti nel meridione. Sempre nel Mezzogiorno la raccolta diretta, nell’ultimo anno, è stata di 14,6 miliardi e gli impieghi si sono attestati a poco più di 10 miliardi con una crescita dell’8,9 per cento. In controtendenza rispetto al clima generale di crisi, insomma, le banche delle coop hanno concesso più prestiti.
Il fatto che Tremonti abbia scelto proprio questa rete, per il presidente di Confcooperative Luigi Marino è stato il premio ad «anni di duro lavoro della cooperazione autonoma e libera da ogni tipo di condizionamenti». Marino assicura che «Confcooperative e le banche di credito cooperativo restano a disposizione nell’interesse del Paese e del Sud». Ma né lui né Azzi entrano nei dettagli, perché questa partita non potrà non coinvolgere altri soggetti. Ad esempio le singole casse che fanno parte del credito cooperativo, che sono tutte autonome. Poi, soprattutto, la Banca d’Italia. A Palazzo Koch il tema non è ancora stato affrontato, ma certamente la banca centrale non potrebbe vedere di buon occhio l’eventuale utilizzo di risorse pubbliche - un po’ come succedeva nella Cassa per il Mezzogiorno - che però è stato escluso dallo stesso Tremonti. Poi c’è il problema di eventuali altri interventi pubblici, come le garanzie che il governo potrebbe dare sui prestiti. E non è escluso un intervento legislativo per evitare eventuali intoppi.
Quello che è certo che i tempi sono stretti e che il governo intende accelerare tutto il processo. A settembre dovrebbero partire i primi atti formali, tipo la nomina di un comitato promotore per arrivare nel giro di poco tempo alla piena operatività.
Altra partita, diversa ma parallela rispetto a quella della banca del Mezzogiorno, quella dell’agenzia di coordinamento dei finanziamenti al Mezzogiorno.

Si occuperà solo dei fondi assegnati al Sud per gli investimenti, come i 4 miliardi sbloccati all’ultimo Cipe, ai quali seguiranno altri 23 miliardi per le altre regioni.

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