Economia

S’interrompe la serie positiva delle Ipo in Borsa

Gli esperti concordano: prezzo di collocamento elevato. La società: «Siamo soddisfatti»

Paolo Stefanato

da Milano

«Siamo soddisfatti per i volumi scambiati e per la stabilità del prezzo» commentano al vertice del gruppo Cremonini, che ieri ha assistito al debutto in piazza Affari della controllata (al 55%) Marr, società di distribuzione alimentare. Ma il responso del mercato non è stato entusiasmante: il prezzo ufficiale è stato negativo dello 0,9% rispetto a quello del collocamento, quello di riferimento (che incorpora l’andamento tendenziale) è sceso dell’1,1%. La capogruppo Cremonini ha perso il 2,2%, riportandosi sostanzialmente nella media degli ultimi mesi.
Tutto ciò in controtendenza con il mercato, che ha avuto ieri un impulso misurato dal Mibtel con un più 0,41%. L’esordio di Marr, inoltre, interrompe le performances positive dei collocamenti del 2005; le quattro società portate sul mercato da gennaio (escludiamo Mondo Home, che in quanto spin off di Mondo tv non aveva prezzo di collocamento), hanno tutte ottenuto fin dalla prima seduta un incremento di prezzo, che per tutte si è amplificato nel tempo: parliamo di Igd (immobiliare), Save (gestione aeroportuale), Toro (assicurazioni), Italease (servizi finanziari). Per i dettagli rinviamo alla tabella: ma osserviamo che chi ha fatto peggio il primo giorno (la Save) ha guadagnato il 4,1%.
Come interpretare dunque l’esordio di Marr? Alcuni commentatori concordano: il prezzo di collocamento, che pur è stato individuato nella parte medio bassa della «forchetta», era troppo alto. Spiega Carlo Gentili, socio di Nextam & partners Sgr: «Queste operazioni sono tutte determinate da un unico fattore: il prezzo. È fuorviante e inutile cercare motivazioni diverse, sull’andamento del settore o sulla seduta di Borsa: no, in questo caso evidentemente il prezzo era elevato e il mercato lo ha corretto». Aggiunge Gianluca Verzelli, direttore degli investimenti di Bnp-Paribas: «Una cosa è collocare una società, un’altra è collocarne una costola, come in questo caso. Il mercato non ama il proliferare di quotazioni di società dello stesso gruppo: se un investitore possiede Cremonini, ha già in portafoglio anche Marr. E va d’altronde sottolineato che in questo momento il mercato, in termini generali, appare molto ben disposto».
Altri esperti fanno notare che il prezzo al quale è stata collocata Marr è molto più elevato di quello al quale alcuni fondi di private equity guidati da Arca Impresa e Barclays Capital avevano acquistato il 33% della società solo due anni fa. Inoltre - come sottolinea Giulio Baresani Varini, direttore degli investimenti di Novagest - «il 40% ceduto al mercato è tutto frutto di cessione di quote, il 30% da parte dei fondi e il 10% da parte di Cremonini, che evidentemente hanno voluto realizzare in un buon momento di mercato». In altre parole: i risparmiatori sono più contenti di versare il loro denaro nelle casse delle società piuttosto che nelle tasche dei loro azionisti.
Baresani Varini invita anche a riflettere su due numeri: «Cremonini in Borsa capitalizza 337 milioni, Marr ne vale 434. Non ha senso. È vero che Cremonini non ha il 100% di Marr, ma ne detiene pur sempre la maggioranza assoluta. Poi Cremonini ha altri due rami d’azienda, le carni e la ristorazione, Marr ha solo la distribuzione». Infine, fa una considerazione sulle richieste: «Le Ipo “esplodono” quando le richieste sono otto, dieci, dodici volte l’offerta; in questo caso non arrivavano a due.

I privati che hanno chiesto un lotto alla propria banca sono stati accontentati tutti. Mi chiedo: se la domanda è stata soddisfatta tutta al collocamento, chi avrebbe dovuto comprare Marr ieri in Borsa?»

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