Il «sòla» Obama è più bushano di George W. Bush

Caro Granzotto, nell’assegnare i premi «Patacca» 2010 lei ha voluto rendere omaggio al gentil sesso, indicando la baronessa Catherine Margaret Ashton di Upholland e la «sciura» Elizabeth Dibble, autrice del rapporto diplomatico sui «party selvaggi» del Cavaliere. Così facendo, ha però sottratto l’ambíto premio a chi più lo meritava in assoluto, il presidente americano Barack Hussein Obama il quale, partito sull’ali dorate del consenso popolare al suo messianesimo, nel giro di poco tempo si è rivelato un fallimento totale, tanto da essere sparito dalle pagine dei giornali che, come Repubblica, al principio ne avevano fatto un monumento.
Bologna

Al tempo, caro Righi. Non patacca, ma sòla fu ed è Obama. La patacca è cosa vistosa eppure di nessun valore o pregio. Patacca è una decorazione, è un’alta onorificenza del granducato di Curlandia, per intenderci. Patacca è l’atto di acquisto del Colosseo. Patacca, in senso buono, vorrei dire amichevole, è Italo Bocchino: sotto il suo gran daffare e la gragnuola di proclami, niente. Il vuoto. Sòla è invece l’inganno, la truffa. La fregatura. L’Obama che fece sognare (spesso delirare) i nostri «sinceri democratici» e i cugini d’oltreoceano, i liberal che svernano negli Hamptons, che vivono nei lofts, che sono in confidenza con almeno un paio degli gli ultimi settecento membri della famiglia Kennedy, era una sòla. Lo si capiva lontano un miglio. Quando uno ti dice: cambierò il mondo, lo farò felice e pacifico in quattro e quattr’otto, come sbagliarsi? Come sbagliarsi quando uno proclama: la prima cosa che farò appena messo piede nello studio ovale è di chiudere Guantanamo? Come sbagliarsi quando il presidente della superpotenza dialoga con gli Stati canaglia a botte di videocassette («Siamo tutti sulla stessa barca... tendiamoci la mano... l’amore trionferà...» ma se le immagina, caro Righi, le risate di Ahmadinejad?).
Com’è ovvio, però, una fregatura può esser tale per certuni e rivelarsi per altri una mano santa. Obama è sòla (eccelsa) per la sinistra vagheggina e politicamente corretta, è sòla per falangi di consumatori di sogni e chimere, di radicalscicchettoni con la testa fra le nuvole del multiculturalismo e del dialogo&confronto. Tutta gente che credette nel tocco magico del presidente, nel primato morale, politico e civile della sua negritudine. Gente che cadde in estasi per l’orto di Michelle nel giardino della Casa Bianca (una dozzina di paginoni, dedicò la Repubblica all’orto della first lady, con forbiti inventari dei broccoli, fagioli e zucchine che sotto l’occhio attento del ministro dell’Agricoltura e del Giardiniere Capo della Casa Bianca l’ammirevole Michelle, guanti da lavoro e zinale griffati, innaffiava con tanto amore). Gente che decretò «storici» i primi discorsi di Obama, che sarebbe come definire memorabili gli sgangherati concioni di Di Pietro o le «narrazioni» di Nichino Vendola. Ma per noi, caro Righi, è evidente che Barack Obama sòla non è, ed anzi. Si sta dimostrando un ottimo presidente, ottimo perché più bushano di George W. Bush. Abbandonate le fanfaronate messianiche fa quello che deve fare il commander in chief degli Stati Uniti, non quello che vorrebbe facesse, mettiamo, una Barbara Spinelli.

Prima fra tutto la guerra al terrorismo: bombarda più lui che non il colonnello Kilgore di Apocalypse Now, quello di: «Adoro l’odore del napalm di mattina». Se continua così, un secondo mandato è suo (durante il quale Michelle andrà, come minimo, a comperare i cetrioli al supermarket, facendo piangere di rabbia Natalia Aspesi).
Paolo Granzotto

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