di Marco Lombardo
Vabbè: Kakà è un traditore. E allora di Ibrahimovic cosa ne facciamo: lo deportiamo direttamente a Sing Sing? Diciamolo allora: a Madrid non si sono viste né manfrine, né baci della maglia, ma si è visto solo un calciatore giustamente calato nella sua nuova realtà. Se Kakà fosse un traditore - e i traditori di solito lo diventano per soldi - sarebbe andato a godersi le petrol-sterline dello sceicco che lo voleva portare a Manchester lo scorso gennaio. Ricordate? È stato il Milan che ha aperto la porta, sedendosi al tavolo e definendo per la prima volta il brasiliano cedibile. E visto quel varco, Ricardo ha cominciato a pensare che forse il passo si poteva fare, a patto che ci fosse la convenienza. Non solo economica, sintende.
E laffare alla fine cè stato, certo per lui, ma pure per il Milan, che ha ripianato il bilancio con la sua cessione portandosi a casa quasi 68 milioni di euro, che non risultano essere bruscolini. Insomma, magari Kakà non sarà un tradito, ma di sicuro non è un traditore. È un professionista, con una carriera limitata nel tempo dalla quale lucrare il più possibile. Lo stesso discorso che deve valere per Ibrahimovic, bacio della maglia escluso. Ed è meglio certo un Kakà che dice apertamente di voler segnare tanti gol al Milan per eliminare un avversario pericoloso, o anche di voler tirare il rigore se mai ce ne fosse uno, piuttosto di quelli che proclamano amore eterno prima, durante e magari anche dopo senza vergogna.
Ricardo è stato un grande milanista che deve provare gratitudine per il Milan che lha lanciato. Così come il Milan deve provare gratitudine per un giocatore che ha dato tutto per la maglia.
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