Per fare un esempio prendiamo il codice della strada. E supponiamo che lo Stato si limiti a stabilire che non è lecito guidare automobili rubate e uccidere con una guida spericolata. Non sarebbe daccordo neanche chi, come me, sostiene che lo Stato deve regolamentare il meno possibile la vita dei cittadini. Perché certe regole sono indispensabili, oltre che utili, per la convivenza civile. Siamo dunque disposti, se non sempre lieti, a accettare limiti e norme al nostro comportamento individuale per quanto riguarda leconomia, la salute, lordine, perfino i divertimenti eccetera, tanto che spesso gli Stati ne approfittano per calcare la mano disciplinatrice anche oltre il buonsenso.
Lunica eccezione, assurdamente, riguarda il fenomeno della prostituzione: ovvero unattività che, fra clienti e prestatori dopera, riguarda milioni di persone, con un giro di denaro smisurato e con un impatto incalcolabile sulla criminalità e sulla salute pubblica, fisica e mentale. Ebbene, in questo settore lo Stato italiano si limita, come nel paradossale esempio del codice stradale, a stabilire soltanto due regole, che vietano ladescamento, lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione: tutto il resto vada come vada. Le prime conseguenze di un simile vuoto legislativo favoriscono proprio i crimini che si vorrebbero evitare; la possibilità di prostituirsi in strada diffonde a dismisura ladescamento e il mancato controllo statale sulle attività di sesso mercenario è il migliore aiuto che si possa dare al loro sfruttamento.
Come spesso capita, si è arrivati a questa assurdità concretissima partendo da principi nobili quanto astratti. Facendo cessare lattività delle case chiuse, nel 1958, il Parlamento intendeva stabilire che lo Stato non può equipararsi a un lenone, né limitare la libertà di chi affitta il proprio corpo sia con indicazioni su dove svolgere il mestiere sia con lobbligo di controlli sanitari e di polizia. Bei principi, appunto, ma che sottoposti alla verifica pratica hanno portato alla più totale anarchia e a danni molto maggiori di quelli che si volevano evitare. Per non dire delle finte soluzioni spesso inique nel doppio senso di non giuste e di scellerate - come quella ipocrita e bassamente astuta di multare per guida pericolosa o altro gli automobilisti in cerca di divertimento.
Ben venga, dunque, la proposta «a titolo personale» del ministro del Lavoro Cesare Damiano, che si è detto favorevole a una qualche forma di regolamentazione che «consenta alle persone che scelgono questa attività di potersi organizzare»: «Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questi fenomeni. Quando parliamo di prostituzione stiamo parlando di tratta di esseri umani, di persone violentate, torturate, costrette e alle volte uccise. Non si possono tollerare questi fenomeni». Cè solo da augurarsi che il governo e lopposizione si decidano a affrontare finalmente il problema, individuando la soluzione migliore, cooperative, quartieri a luci rosse o quantaltro serva a tutelare non soltanto chi si prostituisce, che sembra il principale interesse del ministro, ma tutta la comunità. Il mondo del meretricio, infatti, ha già trovato molteplici forme di autoregolamentazione e di incremento degli affari, dalla tratta delle schiave, alle squillo convocabili a domicilio per telefono o via internet, dalle case chiuse clandestine alle attività massaggi o night club di copertura. Ora bisogna trovare una soluzione che, oltre a tutelare la mano dopera e i clienti, sia la migliore possibile per lintera comunità.
Regolamentare la prostituzione avrebbe senzaltro questi benefici, per citare soltanto i principali: 1) Togliere dalle strade uno spettacolo sgradevole ai più. 2) Limitare le possibilità di sfruttamento e di schiavismo, quindi ridurre uno dei maggiori introiti della criminalità, più o meno organizzata. 3) Fare in modo che parte dellenorme giro daffari venga usato per aiutare chi vuole smettere di prostituirsi, se proprio non si volesse ma perché? tassare lattività a fini fiscali. 4) Diminuire drasticamente le violenze legate a quel mondo. 5) Garantire un maggiore controllo sanitario su chi si prostituisce, a difesa anche dei «consumatori» e soprattutto dei loro familiari, spesso vittime innocenti di contagi.
Ognuno dei cinque punti, da solo, mi sembra sufficiente a garantire la bontà di un approccio diverso al problema. Quello in auge adesso è soltanto un fare finta di non vedere o, evangelicamente, la soluzione del sepolcro imbiancato.
Giordano Bruno Guerri
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