Amato dalla Michelin, meno da Espresso e Gambero, superato il mezzo secolo, Claudio Sadler si è regalato un nuovo spazio di alta cucina, sempre in zona Navigli, da via Conchetta a via Ascanio Sforza poco oltre la circonvallazione dove, a destra del portone, splendono tre sale e a sinistra cè lo spazio Incontri per eventi, lezioni comprese.
Claudio, prima apertura nel 1986, lOsteria di Porta Cicca, ha scritto diversi libri e aperto un catering (con Marco Primerano e Michele Blasi), due insegne a Tokyo e due in Fiera a Rho, più una collaborazione alla Malpensa. È cuoco, ristoratore e uomo daffari, un triplice ruolo che in Italia si fatica ad accettare perché vive il mito dello chef inchiodato ai fornelli.
Magari il lungo impegno per il trasloco avrà tolto qualcosa alla vecchia struttura, una sbavatura qua e una là, siamo tutti fatti di carne, ossa e anima, certo però che, dopo la riapertura il 7 settembre, ho applaudito un Sadler in forma e smanioso di rodare in fretta e bene la nuova macchina. Tra laltro mi piace che si ricordi sempre di riportare in chiusura della carta i nomi dei suoi principali collaboratori, Maurizio Di Prima in cucina, Paola Grattapaglia in sala e Alberto Piras in cantina.
E poi le proposte, con lacquolina montante pensando al tartufo, un percorso a 145 vini compresi e pepite pesate (e pagate) a parte. Tra laltro la cucina di Claudio è assolutamente contro lessenzialità dominante, cerca di legare più ingredienti tra loro, sempre con logica e sempre con ridondanza, e in più appoggia i risultati su piatti che in pratica o sono neri o sono di vetro. Questo per dire che io li gusterei a occhi chiusi perché adoro la porcellana bianca.
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