Saggezza dei detti genovesi

Sarà anche vero, come afferma Aristotele, che il proverbio è un avanzo dell'antica filosofia, conservatosi tra molte rovine per la sua brevità ed opportunità, ma non toglieteci del tutto le rovine. Soprattutto queste rovine genovesi che sanno di pesto e di buon senso popolare. Sature di mare e della percezione del fluire del tempo, con tutto il codazzo di usi ed abitudini, tramandatesi di padre in figlio come un tesoro di inestimabile valore. Questo sembra dirci la famigliola della copertina del simpatico volume di Marcello Staglieno. La famigliola sorpresa (si fa per dire, visto e considerato le estenuanti pose a cui i fotografi del dagherrotipo sottoponevano i loro sfortunati soggetti) in atteggiamento decisamente gerarchico. Con il baffuto pater familias appoggiato ad una veneranda balaustra, la sua degna consorte ammantata di un nero zendale, secondo l'uso delle matrone di un tempo. La figlia maggiore piuttosto popputa ed orgogliosa di essere tale e quella minore incorniciata da due fluenti chiome, che avrebbero fatto la felicità della parrucca del Re Sole.
Insomma, una famigliola a cui Gian Burrasca non avrebbe fatto mancare qualche beffa clamorosa, una delle sue, per dirla con lo stile di Vamba, che ci godeva un mondo a sconvolgere con qualche scherzo irriverente tanta paludata seriosità.
Eppure quelle famiglie erano la sacra urna in cui il proverbio genovese si conservava per saecula saeculorum intatto ed immutato. Glorioso della propria ascendenza latina ma, al tempo stesso, non estraneo a quella cultura popolare, nella quale a volte immergeva dal suo trono la punta del piede.
Questa deliziosa commistione ci viene documentata da Staglieno nelle oltre cento pagine di questo volume, nel quale non soltanto il proverbio è confrontato con la massima latina di cui è figlio, ma anche posto in rapporto con il coevo proverbio italiano, di cui è fratello gemello o quasi. Goffredo Ferretto, che ha provveduto a raccogliere e riproporre questo libro prezioso, non è, a nostro parere, intervenuto quasi per nulla nella prosa ottocentesca dell'autore. Quel quasi vale soprattutto per l'innesto di qualche termine di palpitante attualità, come per esempio «sfiga», per indicare destino baro e cieco o «cerchiobottismo» per mettere in evidenza la tendenza di tanti politici e giornalisti, decisi a non compromettere la propria carriera con prese di posizione troppo forti e decise.
Da parte sua, Staglieno, antenato ed omonimo dell'attuale uomo politico e scrittore genovese, dimostra una sapienza letteraria ed un' abilità da autentico spadaccino nel manipolare la penna che si trasforma così in una lama affilata.

Capace di colpire al cuore nemici ed avversari politici anche nelle situazioni più improbabili. Com'è per esempio quella di tradurre e commentare antichi proverbi genovesi.
Marcello Staglieno, Proverbi genovesi, Fratelli Frilli editori, Genova 2006, pag. 189, euro 13,00.

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