Laura Gigliotti
Al Salone del Gusto di Torino del 2002, la sfida gastronomica fra Firenze e Siena si è giocata fra i «tortelli del Mugello» e i «pici», la pasta povera di una volta fatta a mano, condita con il «sugo allaglione», o con il ragù di carne. E a prepararli per la trasferta sotto la Mole sono state le donne di Celle sul Rigo, le stesse che, ogni anno dal 70 lultima domenica di maggio, «appiciano» quintali di farina per la «Sagra dei Pici di Celle». Una specie di consacrazione ufficiale, se ce ne fosse stato bisogno, da parte di Slow Food di una festa che si differenzia dalle tante che riempiono le domeniche italiane.
Conosciuti in unampia fascia del senese, ma anche altrove, i «pici» vivono una seconda giovinezza a Celle, un piccolo paese della Toscana «minore», ai limiti della Val dOrcia e del Lazio. Celle con la sua natura severa e incontaminata è ideale per le passeggiate a cavallo. Arroccato su un cucuzzolo dominato da una torre medievale, resto dellantica cinta muraria, in un paesaggio dove le vigne e i boschi diradano cedendo il posto alle crete e ai calanchi inframmezzati dai viali di cipressi, conserva gelosamente le proprie tradizioni. Anche quelle culinarie come i «pici» celebrati da trentasei anni lultima domenica di maggio. Pasta povera, fatta con farina, acqua e sale e niente uova. Il condimento tradizionale è un sugo altrettanto povero l«aglione», fatto con ingredienti che tutti potevano avere a disposizione, aglio, olio doliva e peperoncino, con aggiunta di conserva e pochissimo pomodoro. E anche naturalmente con il sugo di carne, il ricco ragù toscano.
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