Salari, sindacati pronti allo sciopero generale

Cgil, Cisl e Uil non gradiscono i segnali contraddittori dell’esecutivo sui tagli fiscali Bonanni: "Vogliamo una conferma dell’impegno"

Salari, sindacati pronti  
allo sciopero generale

Roma - «L’8 gennaio avremo il primo incontro col governo» e già allora «o troveremo una conferma o sarà sciopero generale». L’ultimatum di inizio anno è del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni.

A mettere in allarme il sindacato - tutto, non solo la Cisl - sono i segnali contraddittori che arrivano dal governo circa l’impegno a rilanciare il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti attraverso un taglio delle imposte sui salari. Un impegno ribadito anche ieri dal ministro del Lavoro Cesare Damiano e sul quale il premier Romano Prodi continua a dare rassicurazioni. Ma che si scontra con la prudenza del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, che lunedì ha posto condizioni difficilmente realizzabili nel breve e medio termine (riduzione del debito pubblico e pareggio del bilancio).

Prendendo spunto dal richiamo di Giorgio Napolitano, anche Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, e Guglielmo Epifani, leader della Cgil, hanno rilanciato ricordando che «le basse retribuzioni sono un’emergenza per l’economia del nostro Paese». Segnali che servono a preparare il campo per l’incontro con il governo che si dovrebbe tenere l’8 gennaio e al quale seguirà una riunione degli esecutivi confederali di Cgil, Cisl e Uil, fissata al 15 gennaio, per decidere se andare veramente allo sciopero generale contro l’esecutivo.

Il premier Romano Prodi ieri non ha commentato l’ultimatum dei sindacati. Ma alla conferenza stampa di fine anno aveva già rilanciato l’idea di un «patto» con le parti sociali, una «nuova concertazione», ha precisato lunedì, per favorire i redditi fino a 1.000 euro e il «lavoro qualificato».

Segnali ancora troppo deboli per le organizzazioni dei lavoratori che, ha ricordato Bonanni, hanno da tempo posto alcune condizioni «imprescindibili», come una riduzione delle imposte a favore dei pensionati e dei lavoratori, una modifica degli scaglioni Irpef e l’abbattimento della pressione fiscale sulla contrattazione di secondo livello.

Richieste che non creeranno a Prodi solo problemi di copertura finanziaria. La sinistra radicale, ad esempio, non può aderire del tutto alle richieste di Cgil, Cisl e Uil, in particolare sulla contrattazione aziendale sul legame tra salari e produttività che è un punto fermo per le parti sociali. Temi caldi che ieri il ministro alla Solidarietà Paolo Ferrero ha schivato spostando l’attenzione sulla «chiusura dei contratti nazionali di lavoro, per garantire un aumento dei salari effettivi dei lavoratori».

L’unica cosa certa è che la condizione affinché il governo metta qualche risorsa sulla riduzione delle tasse è un nuovo, ed eventuale, «tesoretto». «Bisogna essere realisti», è l’invito rivolto ieri ai sindacati dal sottosegretario all’Economia Alfiero Grandi. «Non si possono fare discorsi sui se e sui ma. Bisogna sapere l’entità della posta in gioco. E, realisticamente, prima del 31 marzo non possiamo sapere se ci sarà un extragettito anche per quest’anno». Ne fa una questione di rispetto del metodo della concertazione, il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che anche ieri ha insistito affinché il governo si ponga come prossimo obiettivo le retribuzioni e la tutela del loro potere d’acquisto. «Dobbiamo - ha però precisato - perseguire a tutti i costi questo obiettivo, soprattutto per i redditi medio-bassi».

Conferme dell’emergenza redditi arrivano da una ricerca del Codacons dalla quale emerge che il potere d’acquisto dei salari nell’ultimo anno si è ridotto in modo drastico. Il 2007 - ha spiegato il presidente Carlo Rienzi - è stato un anno «nero per le famiglie italiane, che hanno visto scendere il proprio potere d’acquisto a causa delle stangate e dei rincari che si sono verificati in tutti i settori».

Le categorie più penalizzate sono state gli operai e i pensionati, il cui potere si è ridotto rispettivamente del 7,9 per cento e del 15,5 per cento. È andata meglio ai dirigenti (meno 1,4 per cento) e ai quadri (che hanno perso il 3,5 per cento). In una posizione intermedia gli impiegati, i cui stipendi hanno perso il 6,3 per cento nel corso del 2007.

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