«Il teatro? È come il calcio. Tutti i ragazzi vorrebbero farlo, peccato però che non vengano sostenuti. Non cè un politico, di questi tempi, che parli di teatro; si riempiono tutti la bocca col cinema e la tv. Eppure negli anni 70 su mille studenti almeno la metà voleva fare teatro: oggi la sensazione diffusa è che il teatro sia roba da perdenti».
Vincenzo Salemme non ci sta. E a fronte di tanta, troppa improvvisazione in campo artistico («il proscenio dovrebbe essere una disciplina obbligatoria per chiunque voglia fare questo mestiere») scende in campo per difendere il suo grande amore, il teatro di qualità. E lo fa a ridosso del debutto, il 7 aprile, di Bello di papà la commedia in due atti da lui scritta, diretta e interpretata. Lo spettacolo lanno scorso ha conquistato lo scettro di campione dincassi con 110 repliche in tutta Italia, Roma esclusa. Così, per soddisfare la voglia di ridere del pubblico capitolino e togliersi lo sfizio di recitare nella città in cui ha scelto di vivere, lattore partenopeo fa tappa al Teatro Olimpico con un testo che racconta con tocco surreale il difficile rapporto genitori-figli. «Io non ho figli, ne avrei voluti purtroppo non sono arrivati - confessa Salemme - essere genitori è un mestiere pesante, ma mentre le madri partono avvantaggiate grazie a una loro naturale predisposizione, fare il padre è veramente difficile: bisogna conquistarsi la fiducia dei figli un po come gli insegnanti fanno in classe con gli alunni». Bello di papà parla del cinquantenne Antonio (Salemme) eterno fidanzato di Marina (Biancamaria Lelli) il quale non vuole saperne di assumersi responsabilità. Le complicazioni nascono quando il suo migliore amico Emilio (Massimiliano Gallo), orfano dall'infanzia, va in depressione a causa di un vuoto provocato dalla mancanza del rapporto col padre. Per guarire Emilio dovrà sottoporsi a una seduta ipnotica che lo farà regredire allinfanzia, mentre Antonio sarà chiamato a fare le veci del padre. Nel cast anche Domenico Aria, Roberta Formilli, Antonio Guerriero, Rosa Mirando, Adele Pandolci, Giovanni Ribò.
Allegri scambi di ruolo e rapporti in crisi, famiglie sfaldate e maturità latente, il tutto legato da un mare di risate e da una regia attenta e aperta agli stimoli. «È una storia che ho scritto nel 1996 per una coppia di comici e che ho ritirato fuori dal cassetto per caso.
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