Salsiccia di Bra, splendida eresia

nostro inviato a Bra
Poco più di un mese e sabato 8 dicembre, Bra nelle Langhe celebrerà con un convegno il suo gioiello goloso, la Salsiccia, con le degustazioni popolari previste durante le vacanze di Pasqua, marzo 2008. Se la vicina Alba ha il suo tesoro, il tartufo bianco, già pronto sottoterra, Bra se lo è creato andando contro il senso comune delle cose perché la sua non è una salsiccia di maiale, bensì di vitello, unica in Italia, e in più va mangiata cruda, anche se ottima pure cotta (e, comunque, sempre fresca).
La salsiccia di oggi è cugina di quella originaria, molto meno ricca a livello di ingredienti. Bisogna infatti tenere conto che tutto nacque un paio di secoli fa perché a Cherasco, distanza tra i due centri otto chilometri, risiedeva una importante comunità ebraica che, impossibilitata a consumare carne suina, era una forte acquirente di carni bovine. La salsiccia, 100 per cento di vitello, grasso compreso, era la risposta per gli osservanti meno abbienti. Un regio decreto, successivo allo Statuto Albertino del marzo 1848, mise ordine nella materia, autorizzando i macellai braidesi a salsicciare secondo un’eccezione che oggi i loro discendenti benedicono con tanto di associazione, dodici gli iscritti e ben di più gli imitatori.
Nel tempo, quello che era un insaccato di puro vitello, pensato e prodotto per la comunità ebraica, è diventato il simbolo di una cittadina che ne ha fatto un prodotto di squisita golosità che ha pure, e in questa epoca non guasta certo, una importante rilevanza nutrizionale perché, al di là del ricorso alla pancetta di maiale come grasso, superiore in tutto a quello bovino, rimane comunque più “magra” rispetto a una salsiccia di puro suino.
Stretta e lunga, viene venduta a peso, ci mancherebbe altro, ma dietro al bancone, il macellaio non fa che alzare il budello e indica con il coltello dove secondo lui è corretto tagliare in base all’ordinazione, per una, due o chissà quante persone la gusteranno. Si potrebbe procedere a lunghezza. In fondo ordinarne un metro, mezzo o due suona più simpatico, perché insolito. E la macchina del sottovuoto fa il resto se si arriva da lontano e non si pensa di papparla il giorno stesso, a patto di ricordarsi di aprire la confezione con un certo anticipo soprattutto se si vuole consumare la salsiccia cruda, senza quel fastidioso odore di freschino che il sottovuoto sprigiona dopo una settimana o più.
Presidente del consorzio è Alberto Aprato. Nella sua macelleria un cartello avvisa che «questo locale propone la vera e unica salsiccia di Bra», in vendita a 10,5 euro al chilo. «Il disciplinare parla chiaro: vitello e maiale devono arrivare da allevamenti piemontesi, grasso non oltre il 30% ma io - rimarca Aprato - non supero il 20. Solo vitello? Improponibile: asciuga troppo e diventa stopposa».
Svanita la motivazione religiosa, che comunque non toccava i cristiani che da soli probabilmente non avrebbero mai pensato a questo insaccato, è importante notare come la gola abbia aggiustato la felice intuizione di passare dalla polpa suina a quella bovina. C’è sempre una profonda differenza tra mangiare per fede, obbligo, penitenza e per puro piacere. «La nostra salsiccia piace molto. Ci siamo consorziati quattro anni fa perché stufi delle imitazioni. Quando sentiamo che vendono qualcosa di indefinito spacciandolo per braidese, zac parte una lettera di diffida. Siamo arrivati a scoprire imitazioni anche a Torino».
Il segreto è nell’equilibrio delle spezie: «Sale, pepe, cannella, chiodi di garofano, coriandolo... Ne produco 150 chili a settimana usando un tritacarne cilindrico che devo girare manualmente», e mentre lo dice lo indica, un simpatico aggeggio che guai elettrificarlo: «A tagliare la polpa troppo rapidamente la si ridurrebbe a poltiglia, per nulla interessante. Invece tutto a mano: due volte solo il vitello, e una terza il vitello e la pancetta tutt’assieme». Ed è manuale anche l’insaccatura in un budellino di agnello: «La forza di un apparecchio elettrico violenterebbe il battuto, pressandola troppo. La carne va coccolata con le mani, bisogna accarezzarla mentre la si spinge nel budello. È così, con grazia, che si ottiene un felice equilibrio finale».


Ottima cruda e ottima pure cotta: «Scurisce facilmente e perde quel suo delicato color rosa, non è più bella all’occhio. A quel punto, meglio tagliarla a tocchetti e marinarli nel vino rosso, Barbera ad esempio, e poi farli andare in un soffritto di cipolla, carota e sedano». Superba salsiccia crudacotta.

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