Sempre più persone riescono a sopravvivere ad un infarto miocardico, anche grazie ai progressi in ambito di diagnosi efficace e terapie innovative. In Italia si registrano circa 180mila ricoveri in ospedale per infarto miocardico; risultano ancora oltre 40mila decessi annuali, di cui la maggior parte avviene prima dellaccesso in ospedale. Contrariamente a quanto si ritiene, anche le fasce detà più giovani sono interessate da questa patologia: 65 i decessi ogni 100mila abitanti per gli uomini di età compresa tra 35 e 74 anni in seguito ad infarto miocardico.
Dopo lavvento dellera dellangioplastica primaria, che ha radicalmente cambiato lapproccio a questa malattia, la ricerca è progredita anche sul versante della terapia farmacologica con risultati positivi sempre crescenti. Negli ultimi anni infatti sono diventati molto più numerosi i farmaci a disposizione dei cardiologi per la cura dellinfarto, con una possibilità di scelta e di personalizzazione della terapia, quanto mai vasta ed a volte complessa. Si impiegano cioè sempre più i farmaci miratri scelti proprio per il paziente.
Il congresso «Antithrombotic therapy in acute coronary syndromes», che si è tenuto a Como il 24 ed il 25 febbraio, nel centro congressi di Villa Olmo, ha riunito oltre duecento cardiologi europei ed americani per fare il punto sulle nuove acquisizioni scientifiche in questo campo.
Questo evento, ideato ed organizzato dal dottor Diego Ardissino, direttore della UO cardiologia dellAzienda ospedaliero- universitaria di Parma, attualmente presidente regionale Emila-Romagna dellassociazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (ANMCO), rappresenta ormai da quasi quindici anni uno dei più importanti appuntamenti a livello mondiale di informazione, crescita e confronto tra cardiologi con i massimi esperti in materia. Tra i partecipanti il professor Peter Libby di Boston, precursore della ricerca sulle basi molecolari dellinstabilità della placca ateromasica, il professor Nilesh Samani da Leichester (GB), autore di numerosi studi sullinfluenza della genetica nellinfarto miocardico.
Tra i temi affrontati le ultime ricerche relative alle cause dellinfarto miocardico, con particolare attenzione alle recenti scoperte in ambito genetico nel ruolo della predisposizione ereditaria a questa grave e diffusa malattia. Lincontro si è sviluppato poi con numerosi interventi sullimpiego ottimale e «cucito sul singolo paziente» dei diversi farmaci antiaggreganti ed anticoagulanti a disposizione degli specialisti, in fase pre-ospedaliera, durante il ricovero e dopo la dimissione.
«Nellattuale scenario, che ha visto larrivo nelle mani dei cardiologi di nuovi e potenti farmaci antitrombotici, diventa complessa la scelta della terapia più idonea per il singolo paziente. La decisione di quale farmaco impiegare deve infatti considerare il delicato equilibrio fra la massima riduzione del rischio ischemico ed il minimo incremento del rischio di sanguinamento, tenendo conto delle differenti risposte allo stesso farmaco da parte dei pazienti, spesso risultanti dal loro diverso assetto genetico», afferma il dottor Diego Ardissino di Parma.
Infine, la prevenzione delle recidive. Dopo un infarto ladesione alla terapia, farmacologica e non, di molti pazienti è insoddisfacente: solo la metà segue cure appropriate ed un numero ancora inferiore corregge le proprie abitudini alimentari, solo uno su dieci abbandona la sigaretta e circa il 70 per cento non compie esercizio fisico.
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