Salute

Melanoma, positivi i primi risultati di Fase 3 dello studio su relatlimab e nivolumab

Lo studio Relativity-047 sull’anticorpo anti-LAG-3 relatlimab e nivolumab, in pazienti con melanoma metastatico o non resecabile non trattato precedentemente, ha raggiunto l’endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione

Melanoma, positivi i primi risultati di Fase 3 dello studio su relatlimab e nivolumab

Sono stati annunciati i risultati principali dello studio di fase 2/3 Relativity-047 (CA224-047) sulla combinazione in dose fissa di relatlimab, un anticorpo anti-LAG-3, e l'inibitore del checkpoint immunitario PD-1 nivolumab progettato per potenziare il sistema immunitario al fine di ristabilire la risposta immunitaria anti-tumorale, rispetto a nivolumab in monoterapia in pazienti con melanoma metastatico o non resecabile non trattato precedentemente.

Lo studio randomizzato in doppio cieco, svolto su pazienti con questo particolare tumore della pelle caratterizzato da un'incontrollata crescita delle cellule che producono il pigmento (melanociti) localizzate proprio sull'epidermide, ha raggiunto l’endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione mentre il follow-up per la sopravvivenza globale, un endpoint secondario, è attualmente in corso. Secondo i dati di Fase 3, la combinazione in dose fissa è risultata ben tollerata dai pazienti e non sono stati riportati nuovi segnali di sicurezza, sia nell'uso combinato di relatlimab e nivolumab che di nivolumab in monoterapia. Relatlimab è risultato il terzo distinto inibitore di checkpoint per Bristol Myers Squibb e, con nivolumab, la prima combinazione in dose fissa a dimostrare un beneficio per i pazienti.

Jonathan Cheng, senior vice president ed head of oncology development di Bristol Myers Squibb, ha spiegato alcune fasi chiave che hanno determinato i risultati dei test sul melanoma: «Gli inibitori di checkpoint immunitari in monoterapia o in combinazione hanno trasformato il trattamento e migliorato i tassi di sopravvivenza dei pazienti con melanoma non resecabile o metastatico, forma più letale della patologia. Tuttavia, rimane un considerevole numero di pazienti che potrebbero beneficiare di una nuova terapia di combinazione che influenza vie cellulari potenzialmente complementari per migliorare l'attività anti-tumorale». «I risultati di questo studio - ha aggiunto Cheng -suggeriscono che puntare alla via di LAG-3 in combinazione con l'inibizione di PD-1 può rivelarsi una strategia chiave per potenziare la risposta immune e aiutare a migliorare gli outcome di questi pazienti».

Il gene 3 per l’attivazione dei linfociti (LAG-3) è una molecola di superficie espressa sulle cellule T effettrici e regolatorie e funziona controllandone la risposta, l'attivazione e la crescita. LAG-3 è in grado di regolare la via di un checkpoint immunitario di tipo inibitorio che limita l'attività di queste peculiari cellule, determinandone la compromissione della capacità di attaccare le cellule tumorali.

Quando persiste in maniera cronica una patologia come il cancro, queste cellule mostrano un esaurimento delle proprie funzioni in maniera progressiva, con una sovraregolazione di checkpoint immunitari inibitori come PD-1 e LAG-3. Anche se LAG-3 e PD-1 sono vie distinte di checkpoint immunitari, possono agire in maniera combinata sulle cellule T effettrici, portando all'esaurimento funzionale delle cellule T. Legandosi a LAG-3 sulle cellule T, l'anticorpo con azione inibitoria ristabilisce la funzione effettrice delle cellule T impoverite durante il processo.

Relatlimab, in combinazione con il primo inibitore del checkpoint immunitario PD-1 al mondo con approvazione dalle Autorità Regolatorie in più di 65 Paesi nivolumab, è il primo anticorpo anti-LAG-3 che ha dimostrato un reale beneficio per i pazienti.

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