Sono oltre un milione le persone che in Italia soffrono di una malattia delle valvole cardiache, condizione che nella maggior parte dei casi necessita di terapia cardiochirurgica o interventistica. Di questi, circa 300 mila non possono essere sottoposti all'intervento cardiochirurgico, a causa del rischio operatorio ritenuto troppo elevato, ma in molti casi potrebbero invece essere soggetti alle nuove procedure mini invasive che si sono dimostrate sicure e generalmente ben tollerate persino nei pazienti in condizioni cliniche critiche . «Questi pazienti, in assenza di intervento, hanno un'aspettativa media di vita di circa 1-2 ann». dichiara il professor Francesco Romeo, presidente della Società Italiana di Cardiologia. «Oggi abbiamo evidenze scientifiche indiscutibili che le tecniche interventistiche percutanee mini-invasive costituiscono un'opzione terapeutica salvavita alternativa all'intervento cardiochirurgico convenzionale. Ma in Italia, queste procedure non godono ancora di un pieno riconoscimento da parte del servizio sanitario, mancano codici DRG specifici e spesso l'accesso è regolato dalle decisioni assunte dalle singole Regioni. Il risultato è che, nel nostro Paese, si effettuano solo circa 3.200 procedure valvolari percutanee l'anno contro un fabbisogno stimato di almeno il doppio.
Un dato che in pochi anni ci ha visto scivolare dai primi agli ultimi posti in Europa per procedure effettuate in Francia sono il doppio e in Germania il triplo - e rischia di penalizzare i cittadini che soffrono di malattie gravi delle valvole cardiache». Si calcola che ogni anno circa 28.000 terapie cardiochirurgiche o interventistiche sono riconducibili alle patologie delle valvole cardiache e oltre 200 mila ricoveri l'anno sono causati da queste patologie e.LC- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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