Saluti romani, la Procura insiste: "I militanti vanno condannati"

Ricorso dei pm contro le assoluzioni: "Rischio di ricostituzione del fascismo". Ieri corteo in onore del giovane morto 50 anni fa

Saluti romani, la Procura insiste: "I militanti vanno condannati"
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Nuovo ricorso della Procura contro le assoluzioni per i saluti romani. Lo scorso 28 novembre il Tribunale aveva appunto assolto «perché il fatto non sussiste» 23 militanti di estrema destra, imputati per manifestazione fascista, sulla base della legge Scelba, per aver risposto alla chiamata del «presente» e aver fatto il saluto romano al corteo del 29 aprile 2019 in memoria di Sergio Ramelli. Ora i pm, che in nel processo avevano chiesto 23 condanne tra i due e i quattro mesi di reclusione, chiedono un processo d'Appello contro quella sentenza.

Il verdetto di novembre è stato uno dei primi di assoluzione a Milano, dopo anni di sentenze in contraddizione tra loro sulla stessa questione, che seguiva alla pronuncia della Cassazione a Sezioni unite dell'aprile 2024. La Suprema corte ha affermato alcuni principi utili ai giudici per «poter ricavare» o meno il «concreto pericolo di riorganizzazione del partito fascista» e per contestare il reato. E i giudici della Nona sezione penale (Panasiti-Recaneschi-Processo) nelle motivazioni delle assoluzioni depositate a febbraio spiegano che nel caso in esame la «chiamata del presente» e il «saluto romano», realizzati «in concreto» da «circa 1.000» giovani, erano ben lontani dal «costituire» una «condotta potenzialmente idonea alla ricostituzione del partito fascista», ma hanno avuto «solo una specifica valenza di omaggio e di ricordo del giovane trucidato per le sue idee politiche».

Perché ci sia un pericolo per le istituzioni democratiche, scrive il Tribunale, devono esserci una «elaborazione di programmi, una continuità di riunioni e manifestazioni, magari reiterate più volte l'anno per svariati motivi». Per commemorare Ramelli, invece, «il gruppo di persone è solito incontrarsi solo annualmente e unicamente per salutare, con la gestualità anche in uso al gruppo politico al quale partecipava il giovane assassinato, il giovane stesso». Il saluto romano è un «richiamo» a quella «militanza politica», che ha «costituito l'abbietto motivo ed il movente del suo barbaro assassinio». Il pm Enrico Pavone ritiene al contrario che sussista in questa circostanza il «pericolo di ricostituzione del partito fascista». Quelle «circa 1.200 persone», scrive, avevano «l'intento non solo di commemorare la morte del giovane Sergio Ramelli, ma anche di rievocare un rituale tipico del partito fascista» e di «esternare la propria adesione ad un determinato sistema di valori». Una «condotta» che «assume preoccupante rilevanza» dato il «cospicuo numero di aderenti», che è anche «sensibilmente aumentato nel tempo». La stessa Cassazione, sottolinea ancora il pm, ha chiarito che le commemorazioni in alcune circostanze possono essere un «mero pretesto per radunarsi e rievocare rituali e gesti immediatamente riconducibili ad una partito la cui ricostituzione è contraria all'assetto costituzionale».

Ieri sera si è tenuto il corteo in memoria di Ramelli, con circa 2mila persone, nel 50esimo anniversario della morte. Nei prossimi giorni si capirà se in Procura arriveranno, come ogni anno, le segnalazioni della Digos con eventuali notizie di reato e identificazioni.

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