Per salvare il Sud Africa il «partito dei bianchi» sceglie una leader nera

Ci voleva una donna nera per dire ai sudafricani di tutti i colori una verità che tutti conoscono ma che non tutti si sentono autorizzati a dire per timore di passare per razzisti: che l’African National Congress (in sigla ANC), il partito che nel 1994 ha trionfalmente consegnato il potere alla maggioranza etnica nera dopo decenni di apartheid imposto dalla minoranza bianca, sta tradendo le promesse e affoga nella corruzione.
Questa donna si chiama Lindwe Mazibuko, ha solo 31 anni ed è il volto nuovo (e nero) di un partito di opposizione - l’Alleanza Democratica, in sigla DA - che ha molte ambizioni e un consenso crescente (oggi è al 24 per cento), ma anche un problema che nel Sudafrica di oggi è molto grosso: è sempre stato un partito di bianchi, ancorché progressisti. Ancora oggi, solo il 6 per cento degli elettori dell’Alleanza Democratica ha la pelle nera, tutti gli altri sono bianchi - la grande maggioranza dei bianchi sudafricani ormai vota per DA - o appartengono ad altre minoranze.
La nuova leader parlamentare di DA vuole far arrivare ai neri che votano in massa per il partito del mitico Mandela un messaggio rivoluzionario e credibile: abbandonare l’ANC non significa, come sostiene la sua propaganda, riconsegnare il Sudafrica ai bianchi. Significa, semmai, sottrarlo a una élite politicamente corretta ma maledettamente corrotta che, nonostante l’innegabile crescita economica, continua a condannare il 40 per cento della popolazione nazionale alla povertà. In altre parole, Lindwe Mazibuko dice ai sudafricani di pelle nera come la sua: affidando all’ANC un consenso granitico vicino al 70 per cento non fate che favorire la sua corruzione. Non solo: ci vuole meno Stato e più merito, meno appelli alla rabbia dei giovani disoccupati e più impegno per metterli al lavoro.
Figlia di genitori zulu relativamente benestanti, fin da bambina Lindwe Mazibuko ha dovuto confrontarsi con l’invidia sociale («i nostri vicini ci accusavano di essere spie dei bianchi per il solo fatto che stavamo meglio di loro, non accettavano il fatto che lavorassimo di più») e ha imparato a non seguire la corrente ma a pensare con la propria testa. Questo le ha fatto vedere la corruzione imperante nella nuova leadership nera del suo Paese, e le ha fatto decidere di combatterla.
Ciò significa compiere un arduo lavoro politico per porsi dalla parte di quel già citato 40 per cento che non gode del benessere generato dalla crescita economica: il primo passo è riuscire a far loro capire perché questo accade. In un Paese in cui la rabbia delle masse giovanili senza lavoro e senza ricchezza è in crescita, Lindwe Mazibuko col suo richiamo alla razionalità e alla responsabilità rappresenta una risposta, mentre l’altra è attualmente impersonata dal mediocre presidente Jacob Zuma (un chiacchierone incapace di prendere una decisione, dice lei) ma nel futuro lo sarà dal leader giovanile dell’ANC Julius Malema, un razzista all’incontrario che predica violenza e odio contro i bianchi, avendo come modello quel Robert Mugabe che ha condotto alla bancarotta il già florido Zimbabwe.


Lindwe dovrà far capire ai sudafricani neri che proprio gli eredi di Nelson Mandela rischiano di distruggere la sua opera mirabile. Sarà dura: quelli dell’ANC la dipingono come «la signora noce di cocco, nera fuori e bianca dentro», le danno della serva. Ma lei non si fa intimidire: «Usano questi miseri sistemi perché hanno paura di me».

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