Sulla copertina dell’ultimo numero del «Gazzettino Illustrato» troneggia il dio Atlante che - invece del mondo - solleva una palla di vetro con dentro piazza San Marco sotto la neve. L’illustrazione fa da sfondo a un’inchiesta sulla possibilità di salvare Venezia dall’annoso problema dell’acqua alta. La Serenissima, nell’ultimo secolo, si è abbassata di 13 centimetri: un trend che alla lunga - secondo i catastrofisti - porterà al suo «completo inabissamento».
Per fugare questo rischio (dalle evidenze scientifiche tutt’altro che certe) nel corso degli anni sono state avanzate varie idee, nessuna delle quali - Mose a parte - ha trovato finora un’attenta valutazione. In questo filone si inserisce ora un nuovo piano avanzato dall’azienda Soles di Forlì che l’ha riproposto, con tanto di intervento dimostrativo, nel corso di una mostra-convegno a Venezia.
Ma in cosa consiste - a grandi linee - il «Progetto Rialto», com’è stato battezzato dall’ingegner Roberto Zago presidente della Soles? Si tratta di un sofisticato sistema di pali effetto cric in grado di sollevare un edificio. Prendiamo come esempio un palazzo di 1.500 tonnellate, con una pianta alla base di 500 metri quadrati: grazie alle «braccia metalliche» della Soles, l’intera struttura verrà sollevata di un centimetro all’ora, praticamente otto centimetri al giorno senza che nessuno si accorga dell’impercettibile spostamento e, soprattutto, continuando ad usufruire dell’immobile, con la sola esclusione del pianterreno. Spiega l’ingegner Zago: «Si crea una sorta di vassoio sotto ogni edificio, poi si infiggono a pressione dei pali in ferro di calcestruzzo. Ogni palo, del diametro fra 30 e 60 centimetri può sostenere da 50 a 250 tonnellate di peso. Consolidata la base, alla testa di ogni palo vengono applicati dei martinetti sui quali si esercita la forza per il sollevamento dell’edificio». Una tecnica che ha già trovato la disponibilità di massima da parte del sindaco di Venezia, Massimo Cacciari che però appare scettico su un punto: «Per tutti gli edifici isolati credo che il progetto sia applicabile, i problemi nascono invece quando si tratta di operare in contesti edilizi dove più palazzi sono uniti tra loro in una sorta di unica compattazione». Ma anche su questo fronte l’ingegner Zago ha pronta una controproposta: «La città potrebbe essere divisa in moduli da mille metri quadrati», replicando a Venezia ciò che è già stato realizzato dalla Soles a Trento dove il cavalcaferrovia San Lorenzo, con un peso superiore alle 1800 tonnellate, è stato rialzato di due metri senza interrompere la circolazione ferroviaria. Certo, alzare di due metri Venezia sarebbe ben più complesso, tanto che qualcuno ha avanzato una proiezione da brivido: quattromila operai impegnati per dieci anni e un investimento di 11 miliardi di euro.
E chi ce l’ha tutti questi soldi? Cacciari sicuramente no, tanto che il sindaco ha subito messo le mani avanti: «Il prossimo anno la Legge Speciale destina appena 5 milioni per gli interventi di salvaguardia. Insomma, abbiamo raschiato il fondo». Meglio quindi non farsi troppe illusioni? «Mi appello alla comunità scientifica, l’unica in grado di costruire un ampio consenso ed influire sull’opinione pubblica per far capire che Venezia necessita di una manutenzione straordinaria quotidiana».
A provare per primo l’emozione dell’«elevazione» potrebbe essere il Palazzo dei Camerlenghi (individuato da Cacciari come edificio-pilota per una possibile sperimentazione del «Progetto Rialto»); il Palazzo dei Camerlenghi è infatti alle prese anch’esso, come del resto gran parte delle costruzioni veneziane, con il fenomeno dell’erosione e dell’acqua alta. Particolare non di poco conto: gli immobili trattati con lo speciale «stantuffo» brevettato dalla Soles spa - una volta elevati a misura di sicurezza - aumenterebbero ulteriormente di valore, ammortizzando così i costi dell’intervento (stimabile in 2500 euro a metro quadrato). Sul punto è d’accordo anche Cacciari: «Per certi tipi di edifici i privati potrebbero avere convenienza ad intervenire direttamente senza aiuti di Stato, perché potrebbero recuperare importanti superfici adesso non utilizzabili».
Altro che finire sott’acqua.
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