Samp, una classifica figlia di poche critiche e troppi luoghi comuni

Samp, una classifica figlia di poche critiche e troppi luoghi comuni

(...) non da oggi, la Sampdoria.
Vogliamo dirlo? Assoluta assenza di critica e autocritica che credo abbia toccato le sue vette più alte quando si è parlato del video degli ultras con Palombo e Poli. Ora, gli ultras hanno messo la buona volontà ed hanno realizzato un prodotto artigianale di buon livello tecnico. Ma un conto è premiare la buona volontà, un conto è raccontare il video come una sorta di capolavoro del neorealismo, una specie di Ladri di biciclette, solo più un po’ bello e l’interprete Palombo come una specie di Robert De Niro o Elio Germano genovese, solo un po’ più bravo. Anzi, a dirla tutta, temo che video, scooterate, varie ed eventuali portino anche un po’ sfortuna ai blucerchiati.
Ma, evidentemente, soprattutto quando c’è di mezzo il capitano, anzi il Capitano come dicono loro e fanno sentire la maiuscola anche nel pronunciare la qualifica, l’iperbole è connaturata al discorso. E De Niro lo ricorda sì, ma in quanto intoccabile dalle critiche. Ricordo ancora, durante il mondiale sudafricano, che a Genova si diceva al bar, si diceva in televisione e si scriveva che, con Palombo in campo, le cose sarebbero andate ben diversamente per gli azzurri. Lo dicevano seri, talmente seri che, a furia di sentirlo dire, un giorno lo disse anche il presidente Garrone, evidentemente convinto da opinionisti così autorevoli. E gli adesivi che ci sono in giro «Noi vogliamo 11 Palombo», se Angelo è quello degli ultimi tempi e non il giocatore sopraffino visto il primo anno con Mazzarri, spiegano molto della classifica della Samp.
Ma limitarsi a prendersela con Palombo, sarebbe ingiusto. Fra l’altro spiace, perchè è uno che spesso dice cose non scontate e coraggiose. A lui dedichiamo tanto spazio perchè è il più osannato a prescindere, basta che metta piede in campo e il 7 è quasi assicurato. Deve proprio sbagliare tre appoggi e quattro gol per avere 6 e mezzo.
Ma è tutta la Samp a funzionare così. Pensate al Pozzi di quest’anno. Partita di andata con la Juventus a parte è un giocatore di una scarsità rara, in confronto Maccarone è una via di mezzo fra Ibra, Cavani, Pato, Lavezzi e Di Natale. Modesto Pozzi lo era con Di Carlo e lo è con Cavasin, con una posizione aggravata fra l’altro dalle continue cadute e dalle altrettanto continue proteste. Fosse per Pozzi, ci sarebbero dieci rigori su di lui a partita. Mentre, ovviamente, è già bello se non ci sono due ammonizioni per proteste. Eppure, anche qui: Pozzi è stato descritto per settimane come il possibile salvatore della patria calcistica doriana, quello che avrebbe portato il sereno dopo il diluvio. Si è visto.
Poi, ci sono i luoghi comuni al contrario. Il gol di Olivera domenica è quasi la nemesi di tutto quello che hanno detto il tifosi blucerchiati sul Pollo. Che fosse un buon giocatore si era già visto al Genoa, a Lecce è sempre uno dei migliori, certo che se - in nome del 4-4-2 - lo si faceva giocare in un ruolo che non era il suo, Olivera più che Pollo era un tacchino portato da Novellino sul tavolo del suo pranzo domenicale. Eppure, ci sono stati tifosi che - anche dopo l’esonero di Di Carlo - chiedevano il ritorno di Walter «apprezzato anche da Guastoni» a gran voce. A tutti questi consiglio di vedersi una bella cassetta con le ultime partite del Livorno novelliniano.
Si potrebbe continuare per pagine di luoghi comuni: Umberto Marino è senza dubbio uno dei migliori segretari generali di tutta la serie A, un uomo chiamato cavillo e segue bene anche tutte le vicende relative alla squadra. Eppure la vox populi l’ha iscritto nella lista dei cattivi, mentre Salvatore Asmini è di diritto in quella dei buoni, perchè «sta vicino alla squadra». Ma di che parliamo?
Il resto lo fanno le surreali conferenze stampa di Cavasin. Sabato era «pieno di sensazioni positive» e preparava la partita «senza troppe preoccupazioni».

Domenica ha spiegato che «mandarmi via sarebbe il peggio del peggio perchè sono arrivato qui e ho risolto un sacco di problemi» e «se poi un dirigente si sveglia male oppure si sente intelligente come Einstein e decide di mandarmi a casa senza una motivazione logica, lo può fare» e «non sono un fenomeno, ma fra qualche partita, quando avremo ottenuto dei risultati e avremo un gruppo che fa e briga, sarò un fenomeno».
E poi uno dice che il cambio di allenatore non è servito a nulla. Le conferenze stampa di Cavasin sono molto più brillanti e divertenti di quelle di Di Carlo.

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