Sandro e gli altri poeti «maledetti» perché gay

La poesia omosessuale non è una poesia di serie B, anzi ha un valore intrinseco per il fatto che può parlare dell’uomo da un diverso punto di vista: lo sostiene Gianluca Polastri che, nel centenario della nascita di Sandro Penna (nato a Perugia il 12 giugno 1906) ha curato un’antologia di poetica omosessuale in Italia, Cuori smascherati (Ananke, pagg. 160, euro 15). Un genere letterario ancora maschile - sostiene Polastri - poche e recenti le produzioni femminili: «Manca del tutto una tradizione femminile nella poesia omosessuale. Non c’è nulla che sia in qualche modo rapportabile a quella maschile. È possibile trovare qualche riferimento nei versi di Patrizia Cavalli, ma non ci sono state nel passato figure paragonabili a Penna, Bona o Stefani». Polastri, saggista e pittore, traduttore di Whitman e Verlaine, ripercorre la storia sofferta degli scrittori che hanno introdotto nella loro narrazione chiari riferimenti omosessuali. L’elenco è lungo. In Italia - si chiede Polastri - ci sono poeti che si sono occupati di poesia omosessuale e che possono essere paragonati a Whitman, Verlaine, Kavafis? Il più importante che annovera è senza dubbio Sandro Penna, confinato - si legge in Cuori smascherati - fra i maledetti del Novecento per la sua attenzione verso gli adolescenti.

Ma «i fanciulli di Penna - afferma Polastri - sono come i camerati di Whitman o le figure efebiche di Caravaggio: un soffio di ottimismo. C’è sempre tenerezza». Avversato sin dall’inizio dall’ambiente letterario, Penna fu invece apprezzato da Saba che crede da subito nel suo talento. Profonde invece le incomprensioni con Montale.

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