Cultura e Spettacoli

Sangue blu e penna rossa: la santorina col piede in due scarpe

Ha sposato il figlio di Carolina di Monaco ma appena può indossa l'elmetto e combatte con i compagni del «Fatto quotidiano»

Sangue blu e penna rossa: la santorina col piede in due scarpe

È la Giulia Maria Crespi 2.0: la contessa rossa che stipendiava gli Ottone mentre faceva lucidare gli argenti. Lei ha Santoro e Travaglio. E il secondo lo ha pure invitato alle sue nozze al Principato di Monaco. Col principe Pierre, ovviamente. Da quando, ventinove anni fa (saranno trenta il 18 agosto), Beatrice Borromeo è salita sulla giostra della vita, ha deciso di provare tutti i cavallini. E non ha lasciato indietro nulla: prima quello con la criniera azzurra, poi quello con le ali gialle, passando per quello con la sella rosa e per quello con le briglia verdi. Un gioioso equilibrismo senza sosta. Perché l'incoerenza può essere un'arte. O almeno la splendida opportunità di cercare di avere ogni cosa contemporaneamente. Stipandola, se il caso, sotto lo stesso gonfio tetto di una casa dai troppi stili. Nobile (pur senza titoli) ma di sinistra, miliardaria ma di animo proletario, bionda ma impegnata, coreografica ma lavoratrice. Kefiah e abito di Valentino Beatrice, che si definisce se non proprio atea, almeno «agnostica». Anche se a quindici anni, prima di scendere la scalinata di piazza di Spagna, esordendo come modella per Chanel, si era fatta il segno della croce. Perché in fin dei conti, Dio lo sta ancora valutando, la chiesa invece proprio non la regge, Wojtyla le era simpatico, Ratzinger per niente perché «ha fatto incavolare tutto il mondo islamico». Il galà della Croce Rossa e niente soldi per la pizza. La Golf scassata «ho rischiato la vita più volte, era la macchina che ci siamo passati tutti noi fratelli per imparare a guidare» e il fidanzato col veliero «certo non ho scelto Tommaso Buti per i soldi ed è finita perché aveva troppo la tendenza a lasciarmi e tornare...». Taglia trentaquattro e un'insospettabile abilità per il lancio del peso. Di fede milanista («la mia famiglia è tutta interista ma il Milan ha dei colori più belli») eppure scontata nemica di Silvio Berlusconi, dice di aver scoperto la politica «da piccolissima» per via di quelle continue liti in merito fra mamma e papà. Eletta fra le ragazze più eleganti d'Italia, ma convinta sostenitrice degli abiti in prestito («li prendo da mia cognata Marta Ferri che fa la designer»). Confidiamo che almeno Beatrice sia in grado di capire Beatrice...

Da Anno Zero e da Il Fatto Quotidiano si è battuta con passione contro la Repubblica delle Banane, per poi, sabato 25 luglio, accasarsi in un regno da operetta. E sabato scorso ribadire il concetto: una «ribattuta» di nozze sulle isolette di famiglia, le Borromeo, appunto. La festa vera, con un altro abito ancora (che non fa il Monaco) dopo quello rosa pallido e bucolico usato per la cerimonia civile al Palais de Monaco e dopo quello austero e argenteo sfoggiato per la cena ufficiale all'Hotel de Paris. Vestito bianco stavolta, e un sacco di invitati: mondani solitari persi in una marea di conoscenti sconosciuti. E otto giornalisti de Il Fatto Quotidiano . In rappresentanza dell'altro mondo che la sposa tiene, ormai da anni, acrobaticamente unito al primo. Dal partito delle procure al massimo del partito (il suo Pierre, appunto): il suo regno per un cavillo. Mamma di sinistra (Paola Marzotto) e padre di destra (Carlo Ferdinando Borromeo), a portare scompiglio in casa ci si è messa pure lei che, dopo il liceo classico, la laurea triennale in Giurisprudenza (con profetica tesi sulle ipotesi per ridurre i tempi dei processi in Italia) e il master in giornalismo e politica internazionale alla Columbia, ha deciso di iniziare a volere tutto quanto. Le passerelle e la politica, i lustrini e la filantropia, la tv e il giornalismo impegnato («Voglio trovare un lavoro di cui essere fiera. Uno di quei lavori per cui stai in piedi fino alle quattro del mattino perché non hai voglia di smettere» spiegava una giovanissima Borromeo a Claudio Sabelli Fioretti). E così è andata che la sua famiglia allargata (fratello e sorellastre dal primo matrimonio del papà) ha iniziato a mettersi di traverso, a non fidarsi di lei, a tacere di fronte alle sue scelte «ma nella mia famiglia chi tace non acconsente», a storcere il naso, probabilmente pensando che Beatrice sia una che unisce sempre l'inutile al dilettevole. In effetti la ragazza è un po' spasmodica. Per servizio si getta sempre sul primo disagio che incontra che sia la scivolosa descrizione dell'inesperto sesso tra adolescenti, o il ruolo delle donne nella mafia. Si prende drammaticamente sul serio quando ha il microfono o la penna in mano e sembra voglia disperatamente farsi perdonare quando ricompare al braccio del neomarito Casiraghi.

Una vita che è una dicotomia perenne, presumibilmente faticosissima. Ma Beatrice regge, pare. Illuminata com'è da una specie di radiosa antipatia, algida come appare grazie a un viso forse un po' scarso di personalità, per un eccesso di regolarità e finezza di tratti. Cerca profondità e ogni tanto trova abissi, Bea. Come in certe storie sentimentali, come in certi servizi giornalistici in cui va a sporcarsi con una punta di piacere, come in certe liti con la mamma quand'era ragazzina («siamo state anche un anno e mezzo senza parlarci»). Un ossimoro in centosettantasei centimetri Beatrice: sensibilmente abituata a piacere e a scusarsene insieme. Ma solo a volte, quando e con chi le va. Con quell'idea così flessibile di gioventù e di classi sociali e di ambienti, come se fosse davvero possibile fluttuare dal principato di Monaco a Scampia semplicemente cambiandosi d'abito e mortificando la chioma bionda in una coda di cavallo disordinata. Sarà anche vero che quelle come lei sono dispensate dagli obblighi verso la realtà. Ma per un po' però... E hai voglia a fare kick boxing («io riesco a usare la rabbia che ho. Accumulo le cose che mi innervosiscono e le butto fuori in una volta sola») per far duellare due anime che ti si agitano dentro. Prima o poi una vince e l'altra resta al tappeto.

Sembra che già nei primi tempi del loro fidanzamento, (nel 2014 quello ufficiale con tanto di diamante rosa, ma la storia tra i due sarebbe iniziata addirittura nel 2008) Pierre non fosse entusiasta del lavoro della sua compagna: in una trasmissione prima e in un giornale poi, così schierati politicamente, oltretutto. Sembra insomma che il Fatto , per Beatrice, sia un po' come Hollywood era stato per Grace Kelly. Adesso la redattrice di Travaglio è anche la principessa di Monaco. Schizofrenia difficile con cui convivere. E si sa, come in genere va nelle coppie: meno resta di ognuno, più resta dei due.

Chissà quanto sarà piaciuto a Bea Santoro che si riprendeva il microfono da Celentano, quella volta in tv. Scommettiamo fosse la classica scena in cui una come lei capisce perché ha scelto una certa strada. Creduto in certi illuminati «capi». Ma lei adesso si è presa lo scettro dai Casiraghi.

E queste favole, qualcosa in cambio di solito te la chiedono.

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