Roma

Sanità, appalti e consulenze d’oro

La «maglia nera» è del San Filippo che investe annualmente un terzo del totale delle aziende sanitarie per lavori ed «esternalizzazioni»

I 720mila euro impegnati dal Policlinico Tor Vergata per le consulenze, i 330mila del San Filippo, i 590mila dell’Asl Roma F, i 3milioni e 200mila euro di Viterbo più i 2 milioni di incarichi fiduciari e pure i 592mila euro di Rieti confermano quanto sia spendacciona la nostra sanità. Altro che razionalizzazione dei posti letto, della diagnostica e tagli alla farmaceutica come previsto dal piano di rientro, ci vuole ben altro per ripianare i conti dell’assistenza. Purtroppo è un costume ormai consolidato che nelle aziende sanitarie si spendano fior di milioni di euro per l’esternalizzazione delle mansioni, dei servizi, di incarichi fiduciari e consulenze. È pure vero che però pochi hanno chiaro il polso della situazione e possono avanzare stime su quanto le Asl e gli ospedali del Lazio impegnino annualmente per contratti che poco hanno a che fare con le prestazioni mediche e gli acquisti di medicinali. Resoconti alla mano si può affermare che nel 2007 si sono spesi più di 300milioni di euro (312.835.953,40 per l’esattezza) per 18 delle 22 aziende sanitarie. Anche se, dal conteggio, si devono escludere l’Asl Roma C, il Policlinico Umberto I, San Giovanni e Istituto zooprofilattico. Già, i conti di queste quattro mancano all’appello e data l’entità degli atti per assegnazioni e incarichi non ci vuole molto a supporre che si potrebbe aggiungere a cuor leggero, all’ammontare complessivo, almeno un altro centinaio di milioni di euro di uscite. Ma rimaniamo sulla cifra ufficiale, - i 312 milioni di euro appunto-, così da poterla analizzare nel dettaglio come ha fatto la Ragioneria dello Stato che ha richiesto gli atti di tutte le operazioni. È chiaro che la porzione più esosa se la guadagna il capitolo appalti che possono essere assegnati a ditte di pulizia, di servizi infermieristici, di smaltimento rifiuti ospedalieri. Ma quello che risulta curioso è l’analisi delle spese. La maglia nera delle «mani bucate» se la guadagna il San Filippo che spende annualmente 100milioni di euro di cui 98 in appalti e 2 in contratti di collaborazione. In pratica un terzo di quanto è l’intero ammontare di tutte le altre aziende. Ma vale la pena di annoverare pure qualche altro rendiconto. Altri 29milioni in appalti li spende l’Asl Roma F, 25milioni l’Asl Latina), 18 il Sant’Andrea), 14,7milioni l’Asl Roma E, mentr si attestano sugli 11milioni Asl Roma B, Viterbo e Ares 118. Dopo l’Asl di Viterbo che eccelle in consulenze e incarichi esterni c’è da aggiungere quanto spende per i medesimi scopi la Asl Roma B: 1,3 milioni di euro per dirigenti a contratto. Così l’Asl Roma E (1,2milioni), il Sant’Andrea (1,038), il Ptv (1,2) il San Camillo (996), l’Asl Roma H (655mila euro) e l’Asl Roma A (300mila). C’è comunque pure da sottolineare che parecchi di questi contratti sono stipulati con vincolo triennale per cui semmai si volesse rientrare della spesa si dovrebbe comunque attendere la scadenza naturale. Certo è che stando così le cose non stupisce se il debito della sanità viaggi su una progressione verticale e non stenti a regredire.

Se, numeri alla mano, per la Ragioneria dello Stato sarà difficile promuovere il piano di rientro della giunta Marrazzo, per il governatore dovrebbe essere invece facile avviare un serrato controllo, azienda per azienda, invitando i manager a stringere la cinghia.

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