Sanità, ora il Lazio rischia il commissariamento

Che ne sarà dell’autonomia gestionale in materia di politiche assistenziali, ora deputata alle regioni, dopo l’approvazione del nuovo disegno di legge del ministro della Salute Livia Turco sull’ammodernamento della sanità? Di qui a poco avrà vita breve. Già, perché il percorso che intende avviare il dicastero di viale Trastevere riporta a una visione centralistica della sanità dove, il ruolo consultivo, sarà affidato alle provincie e quello di supporto alle Assr, ossia l’organismo dei servizi sanitari regionali che dipende sempre dallo stesso dicastero. E in questo quadro di anacronismo governativo, in pratica riferito agli anni ’90, il Lazio potrebbe addirittura risultare il fanalino di coda nell’amministrazione diretta del proprio comparto assistenziale.
Infatti ci vuole poco a individuare per la nostra regione un’ipotesi immediata di commissariamento, a come si legge nel ddl Turco, contando che deficita di quel piano sanitario proprio: il Lazio è rimasto infatti a quello in vigore nel biennio 2002-2004. E questo perché la giunta Marrazzo s’è data un gran daffare per approvare il cosiddetto «piano tagli» invece del «piano offerta» di cui avrebbero goduto gli assistiti. Senza contare che lo spacchettamento delle funzioni regionali sulle politiche sanitarie e la ricentralizzazione della materia oltre a andare a scapito dei territori virtuosi graverà pure sulla gestione delle risorse locali: tolto il potere alla regione di conseguenza verrà meno l’autonomia dei distretti sanitari delle Asl sia in termini economici che di rappresentanza e vigilanza. Chissà come si è espresso il Lazio dinanzi alla prima bozza del ddl che circola perché, stando alle prime indiscrezioni uscite dalla bocca dei sindacati, quello che viene indicato come ammodernamento dell’assistenza altro non è che «un vero svilimento dell’offerta sanitaria in tutta la penisola e, primo fra tutti nel Lazio dove è già ampiamente fiaccata dalle operazioni del Piano di rientro mentre - come precisano dalla Fials Confsal - sottraendo autonomia e funzioni alla Regione si andrebbe contro i dettati delle normative vigenti che assegnano all’ente territoriale il ruolo principe nella gestione sanitaria». Piuttosto per il sindacato autonomo, semmai si dovesse ripercorrere una strada a ritroso, allora si dovrebbe ritornare ai Comitati di gestione. «Ne basterebbe uno unico per tutte le Asl di Roma e provincia, perché - si lascia scappare il segretario regionale Gianni Romano - la situazione farraginosa delle aziende è dovuta in gran parte alla gestione monocratica dei bilanci sanitari in capo ai direttori generali che, complessivamente vantano un ammontare paragonabile a quello dell’Alitalia. Con questi numeri non è consigliabile continuare a legiferare sulla piattaforma del 1992 che ha prodotto, fino a oggi, danni incalcolabili. Bisogna invece unificare la gestione nominando un Consiglio di amministrazione e di gestione univoco che risponda a compiti e responsabilità più generali».

Una decisione del genere, oltre che feconda dal punto di vista organizzativo, sarebbe - pure se la Fials non lo dice - economicamente vantaggiosa: 8 Asl unificate in una, con un solo presidente e un consiglio d’amministrazione di 5 componenti. E invece no: la Turco pensa di affidare a cittadini non ben identificati la facoltà del controllo dell’offerta sanitaria.

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