«Diventeremo un armadio che contiene tutti gli scheletri, e avremo un grande potere». Si può riassumere in una frase urlata così, sott’intercettazione da un imprenditore vicino al Pd (Diego Rana, titolare di un centro di riabilitazione) all’ormai ex assessore Alberto Tedesco, la convinzione della Dda di Bari sul collaudato «sistema di potere» che in Puglia faceva affari di ogni tipo, non disdegnando la nomina dei dirigenti delle Asl o la promozione di primari di partito, pianificando appalti ad hoc (due delibere secche da un milione di euro ciascuna) brigando per orientare le forniture in cambio di favori e voti. Rapporti clientelari riassumibili in un’altra frase captata dai carabinieri sull’utenza dell’indagato Mario Malcangi, factotum di quel Tedesco che ossequiosamente chiama «capo»: «L’Asl deve fare quello che diciamo noi – dice sott’intercettazione -, qui è Rana che comanda». Di più dice sempre Malcangi, a un suo titubante interlocutore: «La prossima volta io non ci vengo più, questo è quello che è, il referente che comanda qua, pertanto mettetevi dove vi dovete mettere, altrimenti cominciate a fare le valigie». Sintomatica della prassi utilizzata da Malcangi, la viva raccomandazione espressa da Tedesco – che secondo la procura saprà dell’avvio dell’inchiesta in tempi non sospetti direttamente da una fonte romana, contattata da un dirigente di una Asl - a stare attento con le parole: «Ti prego di fare molta attenzione a quello che dici al telefono». E ancora. Rivolgendosi nell’aprile 2008 a Rocco Canosa, dirigente della Asl Bat, il braccio destro dell’assessore Pd indagato e silurato, va giù diretto: «Direttore, sono il compagno Malcangi, senti ti disturbo per quella struttura». Poi, parlando con Rana, è tranchant: «Perché se noi... io sono del parere che se noi dobbiamo partire la Asl deve essere pronta ai nostri desideri, ai nostri voleri, piaccia o non piaccia».
Le intercettazioni che inguaiano il Partito democratico locale (e come si vedrà domani, anche quello nazionale) fulcro dell’inchiesta del pm Desiree Digeronimo, partono dalle collaudate modalità d’azione di una «piovra» capace di allungare i suoi tentacoli anche oltre regione. Fra le tredici delibere sottoscritte dal direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino (indagata e rimossa), ve n’è una significativa: quella per la fornitura di «dispositivi medicali» per vari ospedali alla quale partecipa, e vince, una ditta riconducibile ai familiari dell’ex assessore. Così funzionavano le cose. Le telefonate agli atti dell’inchiesta parlano quindi di pressioni fortissime esercitate per favorire il gruppo Matarrese per i lavori di sistemazione esterna di un grosso plesso ospedaliero, il Cotugno, lavori da prendere senza ricorrere a gara d’appalto. Tedesco si attiva per aiutare l’impresa. Insiste per velocizzare i lavori. E già che c’è si dà da fare per sollevare dalle funzioni «due dirigenti che seguivano l’incarico e che non davano conto a lui». Tedesco finisce nei guai anche per un’altra intercettazione nella quale, stando alla Procura, Rana suggerirebbe a Tedesco quali modifiche apportare al Piano della Salute approvato nel 2008. «Se vuoi ti preparo un appuntino...», taglia corto Rana. E Tedesco: «No, non c’è bisogno, basta che mi dici gli errori dove stanno». E proprio sulle ombre che aleggiano intorno al Piano sanitario verrà sentito, come testimone, proprio Vendola la cui voce è finita nelle intercettazioni sull’utenza di Tedesco. All’epoca della frase incriminata («ti faccio un appuntino») consulente di Vendola per le politiche sanitarie era Tommaso Fiore, un fedelissimo del governatore, promosso assessore alla Sanità dopo il siluramento di Tedesco. Curò personalmente il coordinamento per la stesura del Piano contestato.
GMC (1 - continua)
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