Sanremo flop, Baudo spera nel gran finale

I dati di ascolto relativi alla prima serata hanno creato forti turbamenti: il festival soffre la crisi del Paese che ha scelto la tragedia dei bambini di Gravina alla tragedia musicale. Baudo spera in un finale diverso

Sanremo flop, Baudo 
spera nel gran finale

Sanremo - Tra Totò e Flaiano. Senza saperlo il festival della canzone italiana, che chiamasi leggera ma è spesso di un pesante clamoroso, il festival, dicevo, ha visuto un giorno di tranquilla paura. I dati di ascolto relativi alla prima serata hanno creato allergie, turbamenti, tenuti sotto traccia ma facili da leggere anche senza l'aiuto del decoder.

Le cifre dicono che c'è stato un flop terribile, mai Sanremo era sceso sotto i dieci milioni ma la nomenklatura Rai presente in Riviera ha messo sulla ricevuta anche i dati delle altre due reti che si sono comportate egregiamente. Totò diceva, è la somma che fa il totale. In verità carta canta, il festival soffre la crisi del Paese che ha scelto una tragedia vera, quella dei bambini di Gravina alla tragedia musicale. Del Noce ieri è riuscito a offrire un pezzo di horror show involontario "la cronaca va sull'osso della notizia", detto così, "osso", in merito al ritrovamento dei due corpi. Baudo ha provato a rimettere il cavallo a centropista dicendosi fiducioso di un finale diverso dall'avvio, cosa che già era stata propagandata dal Del Noce di cui sopra. Flaiano diceva che la situazione è grave ma non è seria. Dunque anche il festival che non tira e attira è come quello sciagurato che, cadendo dal ventesimo piano, arrivato al primo esclama: "finora non mi è successo nulla di grave!".

Il festival dura tre ore e mezzo, tra spettacolo, pubblicità, varie ed eventuali, le canzoni non vanno oltre l'ora scarsa, il resto è fuffa, pagata da noi attraverso il canone, dagli sponsor e dalle casse dell'azienda radiotelevisiva. Cambiare il registro sembra un'operazione impossibile in una città dove gli alberghi sono rimasti quelli del Ventennio. Così come è bello rivedere, ogni volta che la telecamera inquadra la prima fila, le stesse facce, quella del direttore di rete, al suo fianco la bellona da repertorio, scosciata o scollata, poi il belloccio, abbronzato, altri capataz. Il pubblico vero sta dietro, questa è provincia, bassa.

Segnalo il concerto estivo di Wembley in onore di lady Diana: i principi Harry e William e i loro aprenti stavano nella tribuna laterale il palco, in pista, davanti ai cantanti stava il popolo inglse che ascoltava, ballava, cantava. Questa è festa.

Sanremo non è una messa cantata, Sanremo è una passerella per chi ha fatto carriera e ha bisogno di farsi riconoscere, per chi dovrebbe stare da parte, in regia, in ufficio, a controllare che l'organizzazione marci, funzioni e invece si piazza lì, con il rimmel e l'abito buono, disponibile anche alla presa per i fondelli, anche questo fa carriera e lava la coscienza. Robetta festivaliera. Per fortuna ci sono le canzoni. Ho detto per fortuna?

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