Roma - Dolce e paziente, certo. Ma anche grintosa e determinata. Pronta all’abnegazione e al sacrificio. Non parliamo solo di Agnes: fedele amica di David Copperfield, nell’omonima miniserie che domenica e lunedì proporrà su Raiuno il romanzo di Charles Dickens. Parliamo anche di Maya Sansa: la brava attrice italiana che, come l’Agnes da lei interpretata, si svela ferrea e insieme carezzevole.
Agnes: la donna che per tutta la vita ama un uomo che la considera solo una sorella; emblema di una femminilità antica e al tempo stesso modernissima.
«Per questo ho accettato la parte nella fiction di Ambrogio Lo Giudice interpretata da Antonio Pasotti. Antica per la dolcezza del carattere; caratteristica su cui si era sempre puntato nel rappresentarla, come nel mitico sceneggiato Rai con Giancarlo Giannini, in cui Agnes era Anna Maria Guarnieri. E moderna per la grinta, la determinazione su cui, invece, abbiamo maggiormente puntato noi. Agnes è una donna che non rinuncia mai a conquistare David. Non si arrende. Forse anche una metafora della vita».
Insomma, lo snobismo con cui fino a poco fa gli attori del cinema guardavano alla fiction tv sta cadendo?
«Confesso, facevo parte anch’io di quegli snob. Poi ho capito che la tv è un eccezionale strumento di divulgazione. Mentre giravamo David Copperfield mi chiedevano se si trattava della biografia del celebre mago. Ecco: questa fiction è un’ottima occasione per ricordare chi sia stato Dickens, per stimolare i ragazzi a leggerlo, le scuole a parlarne».
In lei stupisce la disinvoltura con cui passa dalla durezza spigolosa di «Buongiorno notte» alla dolcezza rassicurante di «Copperfield».
«È il divertimento e l’obbiettivo di ogni attore. Quando studiavo recitazione in Inghilterra ne parlavo sempre col mio compagno di studi Orlando Bloom. Ancora oggi quando ci sentiamo, lui mi ripete che vuol differenziare, non vuole continuare tutta la vita a girare fantasy».
Lei appartiene all’élite degli attori molto stimati dall’ambiente e ammirati dalla critica. Che concezione ha della popolarità?
«Be’: anche a me piace che la gente mi faccia i complimenti! Ma diventare sempre più nota mi mette a disagio. Ogni film, poi, ha il suo pubblico: le persone che mi fermano per strada sono carine e gentili ma dopo L’amore ritrovato di Mazzacurati incontravo solo fan invadenti. Però per la popolarità fatta di feste, mondanità e gossip, sono negata. Se sei una sventolona di un metro e ottanta, la mondanità può farti comodo. Ma io non ho nemmeno un ufficio stampa! E se posso evitare le interviste, le evito».
Perché?
«Ma perché spesso le parole vengono fraintese, si trasformano in titoloni cubitali e imbarazzanti. E chiamare i giornali per chiedere rettifiche, francamente, diventa seccante».
Rientra in questa concezione professionale la sua scelta di stare spesso in Francia?
«Fu una vera fuga. Durante i due anni “caldi” in cui, con La meglio gioventù e Buongiorno notte a Cannes e Venezia il mio cellulare squillava ogni tre secondi. In Francia ho potuto ricominciare da capo, fare cose nuove e diverse. O di sognarne d’inattese».
I suoi due prossimi progetti sono di grande levatura...
«Sì: fra poco girerò col grande regista croato Ongnjev Svilijc.
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