Lo sapeva da martedì sera Così ha ideato il contrattacco

I suoi collaboratori: «Colpiranno Sandra» E lui: non mi farò arrostire come San Lorenzo

da Roma

Tramontava il sole sui platani smagriti del lungotevere, quando il capo della segreteria Borgomeo e il capogabinetto Ferrara si sono affacciati alla porta del Guardasigilli, sconfinato salone dal soffitto a cassettoni e le pareti affrescate nel ventennio. «Clemente, in Campania stanno per sferrare l’attacco. E partono proprio su Sandra». Ha sgranato gli occhi che ha già grandi di suo, Mastella. Non che la cosa gli giungesse del tutto sorprendente, la tenaglia politica e giudiziaria che dal Casertano tenta di strangolarlo gli è nota da tempo. Non s’aspettava però che la prima della lista fosse proprio la moglie. «Sandra no...» ha sussurrato. Poi i due si son seduti davanti a lui che ascoltava con attenzione quanto s’andava cucinando nella procura di Santa Maria, gli amministratori dell’Udeur elencati nella maffei-list, anche l’arresto per la moglie. Francesco Borgomeo è un giovane silenzioso e serio, Ettore Ferrara è magistrato discreto e coltiva ottimi rapporti con tutti i tribunali d’Italia, le fonti ministeriali erano precise e senza spazi incerti. «Se è così, li precediamo», ha deciso Mastella, «se credono che mi faccio arrostire lentamente sulla graticola come San Lorenzo si sbagliano, piuttosto faccio San Sebastiano, li sfido ad infilzarmi al petto».
Così ier l’altro, mentre le ombre della sera calavano sulla capitale dei veleni, il leader di Ceppaloni ha iniziato a prepare la sua difesa. Anzi, il contrattacco d’anticipo. «Preparati Sandra, vogliono metterti agli arresti». «Sii forte», gli ha risposto lei al telefono. Ambedue si son commossi. Poi ha fatto chiamare Mauro Fabris e Nuccio Cusumano, i più fidati e lucidi del suo piccolo esercito. In Via Arenula s’è presto insediato un gabinetto di guerra. La riunione dell’Ufficio politico convocata dopo cena a casa Mastella per discutere della bozza Bianco è stata rinviata al giorno dopo, col vincolo per tutti di tener le labbra cucite. Son stati distribuiti gli incarichi per far filtrare la notizia ai mezzi di comunicazione più appropriati, ma sul tardi, in modo da prendere di sorpresa anche i nemici. E che giungesse ad una emittente locale del Sannio, in modo che l’indomani la presidente Sandra Lonardo in Mastella potesse lamentare di aver appreso che era agli arresti domiciliari dalla tivù.
Guarda tu le coincidenze. Una tal mazzata su Mastella e sui suoi, affetti più cari e amici di partito, proprio alla vigilia di un giorno cruciale: l’attesa per la sentenza della Consulta sui referendum, una bozza di riforma elettorale che strangola l’Udeur, la relazione da presentare alla Camera sullo stato della Giustizia, e le morse della tenaglia che si vanno chiudendo nella stretta finale. Quel direttore d’ospedale è lì per designazione mastelliana, ma è passato al Pd sotto l’ala di Rutelli, insieme a Sandro De Franciscis che era prima deputato ed ora presidente della provincia di Caserta eletto nell’Udeur. Rutelli non è nuovo alla pratica di succhiare uomini e forze del Campanile specialmente in Campania, roccaforte di Mastella. Non ci sono soltanto i Carra, i Cardinale, i Loiero, ma anche i Manzione e i Losco. Ora pure De Franciscis che, guarda tu le coincidenze, è nipote del Gip pronto a controfirmare le ordinanze. Più che accerchiato, ormai coi nemici sulle mura. A chi chiedi soccorso, a Prodi che è gia assediato di suo? A Veltroni e perché no a Rutelli? Mastella non ha chiamato nessuno dei suoi «alleati». Ha telefonato a Berlusconi, i due hanno parlato a lungo. E poco dopo il leader dell’opposizione ha annullato l’intervento che aveva preparato per la Camera proprio sulla Giustizia, mentre i suoi han preso ad impallinare senza riserve la bozza Bianco. Cena rapida, poi lesto a casa con Fabris, Cusumano e Pietro De Angelis, il suo portavoce. Si son messi in quattro a prepare il discorso, lui erompeva e gli altri correggevano. Fino alle tre del mattino, quando il testo era ormai soppesato sin nelle virgole.
Lo avete sentito e visto in tv, l’incrinarsi sincero della voce, la durezza e la dolcezza, la determinazione. Il piano era chiaro per tutti, dimissioni senza se e senza ma, di sostituirlo alla Giustizia con Fabris «non se ne parla nemmeno» ha sentenziato il capogruppo dei deputati per primo. Dopo la seduta e un abboccamento con Casini e Cesa, si son riuniti nella saletta del governo, e s’è posto il problema: se Prodi rifiuta le dimissioni e insiste? «Ci si può pensare solo se tutta l’Unione lo chiede», hanno concordato già sapendo che Di Pietro non ci pensa nemmeno a dirsi solidale. «Meglio fuori, e tenere il governo appeso al nostro filo», ha detto uno. Mastella era pensieroso, e Fabris lo ha scosso: «Basta, ora va da Prodi a dimetterti e corri a Ceppaloni da tua moglie e i tuoi figli. Noi poi, facciamo un comunicato».
Così è andato a Palazzo Chigi, con Fabris.

Mezz’ora di colloquio con Prodi e quando quello gli ha detto che respingeva le dimissioni gli ha risposto: «Ti ringrazio, ma ora vado da mia moglie». E salendo in macchina per Ceppaloni ha fatto a Fabris: «Oh, mi raccomando: nel comunicato non dimenticate la fiducia nella magistratura».

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