La nonna non ha mai capito cosa ci facesse una ragazza con la pistola. Quando, invece, lei le offriva qualche bel viaggetto a Londra. Ma Sara, nello sport italiano un nome da predestinati, non ci ha sentito. «Dai nonna, mi faccio un mazzo così perchè questo sport mi piace, i viaggetti li faremo quando sarò andata alle Olimpiadi». Ci siamo quasi: per le Olimpiadi e per i viaggi a Londra con la nonna. Sara è Sara Bertoli, figlia di Gian Antonio Bertoli e di Argenta Campello. Dice niente il nome della mamma? Argenta come una Fiat anni ottanta. Campello, ovvero figlia di Ranieri Campello della Spina, che alle Olimpiadi ci andò, nel 1968 in Messico, insieme alla squadra di equitazione. E la nonna, cioè la moglie (in prime nozze) di Ranieri Campello, è Maria Sole.
Via i veli, qui si parla della famiglia Agnelli. Maria Sole è una dei magnifici sette che hanno ramificato lalbero della casata. Sorella di Gianni e Umberto, la regina dei cavalli che sono la sua passione e linteresse principale della vita. «Mia nonna li alleva, mio nonno era un grande uomo di cavalli, siamo nati con i cavalli. Quello è il nostro mondo. Anche il mio: il pentathlon è lo sport bellissmo che ho scelto e che mi obbliga a mille sacrifici. I cavalli sono la passione, a cui tornerò dopo le Olimpiadi di Pechino». Racconta così Sara, ragazza dai modi vispi e simpatici, romana disinvolta che ha scoperto nel pentathlon, cinque gare tutte nella stessa giornata, il filone della sua ispirazione sportiva, anche se, dice, i 28 anni sono il segnale di una vecchiaia sportiva che non può trascurare. Oggi si parla di lei perchè ha conquistato un bronzo ai campionati europei di Riga, un oro con le sue compagne di squadra, Corsini e Pieretti, ma soprattutto la possibilità di andare ai Giochi di Pechino: bastava entrare nelle prime otto.
Bella rivincita per una ragazza che, tre anni fa ad Atene, si vide messa fuori per una decisione della federazione. Era entrata nel ranking delle 32, ma la scelta doveva cadere su due atlete fra tre. La mamma, appunto Argenta, scatenò un putiferio. Inutile. Al posto suo andò in gara una ragazza di 36 anni. Lamarognolo è rimasto. «Atene è stata una bella mazzata, ero quasi tentata di smettere. Però, poi, ci ho ripensato e mi sono detta: sarebbe una stupida ripicca contro chi? Sapevo di valere, ho vinto un europeo giovanile, seconda a un mondiale juniores. Alla fine la decisione: non posso fermarmi così. Spero solo che ora non si inventino qualcosa». Quella volta si disse che Sara aveva fallito la gara decisiva, a Mosca, per via della morte dello zio Umberto nello stesso giorno. Oggi lei ridisegna la storia. «Cerano tante cause, non bisogna aggrapparsi solo a queste cose».
Il mondo Sara gira attorno al piacere dellanonimato. «Ho sempre cercato di tener nascosta la parentela, un po mi scoccia. Cè sempre qualcuno pronto a dire: quella ha avuto la vita facile. Ma ora mi sento orgogliosa: per me, per la mia famiglia. Non centrano soldi, notorietà, nome degli Agnelli. Sono io che ho fatto risultato». Racconta che laltro giorno lha chiamata suo zio Edoardo. «Era a New York con Marchionne. Mi ha detto: brava, allora veniamo tutti a Pechino!». Che la nonna lha accolta in campagna, di ritorno dallimpresa di Riga. «È molto fiera di me. E continua a dirmi: prima di pensare solo ai Giochi devi fare una vacanza e venire a Londra». Sara non si nasconde di essere un polo dattrazione mediatico. Ed allora ci invita nei ricordi di famiglia: «Andavo ospite di Gianni, lAvvocato, quando facevo le gare di cavalli e trovavo Jaki (John Elkann ndr) che mi diceva: fai la pentathloneta. Ed io ridevo». Lequitazione, i cavalli restano il suo regno, più del tiro con la pistola, della scherma, del nuoto e della corsa che rappresenta lultimo ostacolo di ogni gara. «Non vorrei farmi bella, ma nellequitazione sono la migliore», confida negandosi a qualunque rossore.
Tutto partì dai cavalli. «Poi provai il nuoto, ma era troppo noioso. Meglio le cinque prove. Sono pentathleta da quando avevo 11 anni. Fino a 18 ho continuato anche nellequitazione.
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